C’è una falla nell’Energy Release: l’energia calmierata è più cara del mercato
Da grande opportunità per garantire competitività sui mercati internazionali, l’Energy Release si è trasformata in una gabbia che rischia di penalizzare le imprese energivore, tra queste molte realtà bresciane che nei mesi scorsi, quando il prezzo del gas era alle stelle, si erano date da fare per poter acquistare megawattora a prezzo agevolato.
È quanto accade in questo inverno particolarmente mite sotto il profilo meteorologico, ma tiepido anche sotto il profilo strettamente economico, con il prezzo sceso intorno ai 67 euro Mwh tanto da annullare i vantaggi (se non rendere sconveniente) l’utilizzo dell’energia a prezzo calmierato.
Di cosa si tratta
Facciamo un passo indietro. La misura, entrata in vigore lo scorso 11 ottobre, prevede la «cessione di elettricità a prezzi calmierati» ad alcune categorie di clienti definiti come prioritari, ovvero le imprese energivore. Il provvedimento studiato per abbattere i costi energetici delle imprese, rende possibile stipulare un contratto della durata di 3 anni con il Gse (Gestore dei Servizi Energetici) andando a bloccare una quota dell’energia consumata ad un prezzo fisso «calmierato». Il consumo di energia minimo per partecipare all’acquisto dell’Energy Release è di almeno 3,5 GWh/anno.
Da qui l’iniziativa di Confapi Brescia che in poche settimane è riuscita ad aggregare ben 98 piccole imprese ed insieme. Secondo le stime fatte lo scorso novembre (eseguite sul valore medio di mercato dei prezzi di vendita delle energie rinnovabili da parte del Gse), le aziende partecipanti in formula aggregata avrebbero potuto registrare ciascuna un risparmio annuo nei costi energetici di oltre 31 mila euro. Per le realtà energivore, invece, il risparmio avrebbe potuto raggiungere i 240mila euro per azienda.
Il paradosso
Nulla di tutto questo si è verificato. Anzi, le condizioni favorevoli sul mercato internazionale del gas hanno praticamente annullato i vantaggi dell’Energy Release. «Il rischio - afferma Enea Filippini, responsabile Energia di Confapi Brescia - è che tali condizioni di mercato rendano lo strumento, al quale le aziende hanno potuto aderire al termine di una procedura particolarmente complessa ed onerosa, non solo inutile, ma anche potenzialmente dannosa».
Se i prezzi dell’elettricità (Pun) dovessero rimanere ai livelli attuali fino a fine gennaio, «imprese e aggregatori che hanno aderito all’Energy Release si troverebbero nella condizione di dover trasferire liquidità al Gse invece di riceverla - spiega Filippini -. Siamo, pertanto, di fronte ad un vero e proprio paradosso: la misura che avrebbe dovuto sostenere il sistema produttivo si potrebbe rivelare un ulteriore aggravio alla loro capacità competitiva sugli scenari internazionali».
La richiesta Confapi
La scorsa settimana il prezzo medio dell’energia era pari a 180 euro per megawattora, mentre il tetto della tariffa agevolata è di 210 euro per Mwh.
«Alla luce di queste quotazioni è necessario riformulare il meccanismo - dichiara il presidente nazionale di Confapi Cristian Camisa -. La ratio dello strumento Energy Release resta positiva, visti i livelli di prezzi dell’energia ancora molto alti e che necessitano, quindi, di tutte le misure volte a calmierarli. Perché possa essere d'utilità, però, riteniamo che debba essere introdotto un sistema che si adegui automaticamente alle oscillazioni del mercato». Questo consentirebbe di mantenere inalterato lo spirito della misura, evitando, al contempo, continui interventi da parte del governo per adeguarla alle variazioni delle quotazioni.
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