Castelletti e Moraschini: «Addio di Bankitalia danno per la comunità»
Chiuderà la filiale della Banca d’Italia in corso Martiri della Libertà, in cui sono impiegati 29 addetti. La notizia ha destato molta preoccupazione, anche tra gli esponenti politici bresciani, che hanno già deciso di far sentire la propria voce.
La sindaca
«È un provvedimento che trovo poco comprensibile e certamente dannoso per la nostra comunità – spiega la sindaca Laura Castelletti –. Il distaccamento bresciano di Bankitalia, oltre a servire anche le province di Cremona e Mantova, ha una storia più che centenaria e certo non per caso: la nostra città e la nostra provincia sono da sempre simbolo di produttività ed efficienza. La chiusura della sede della Banca d’Italia in una città capoluogo di provincia con uno dei Pil più alti della nazione è una scelta illogica, che certo non accolgo con favore. I bresciani che avranno bisogno dei servizi di Bankitalia dovranno recarsi a Bergamo o a Milano? Fra le province di Brescia, Cremona e Mantova, la sede di corso Martiri copre un bacino di oltre due milioni di persone, non sono numeri sufficienti per mantenerla attiva?».
Dalla Provincia
Dubbi sottolineati anche dal presidente della Provincia Emanuele Moraschini. «La provincia di Brescia, con una popolazione ampia e un'economia tra le più dinamiche d'Italia, merita di mantenere un presidio così importante per la gestione finanziaria e il controllo bancario – evidenzia –. Questa chiusura non solo segnerebbe un distacco simbolico dalla nostra comunità, ma avrebbe anche ricadute concrete sul tessuto economico e sociale locale. La filiale di Brescia rappresenta un baluardo di stabilità finanziaria per il nostro sistema economico, soprattutto in un contesto in cui il numero di sportelli bancari continua a ridursi. Nel 2023, la nostra provincia ha già subito un calo significativo degli sportelli, con 19 chiusure rispetto all’anno precedente, e la perdita della sede di Bankitalia non farebbe che aggravare questa situazione, sottraendo servizi essenziali e posti di lavoro».
La speranza
la speranza di Castelletti e Moraschini è lo stessa. «Auspichiamo che la direzione di Palazzo Koch riveda questa decisione ingiustificata e non rappresentativa di un territorio così vivo e attivo dal punto di vista imprenditoriale ed economico. La nostra comunità non può permettersi di perdere un’istituzione fondamentale come la Banca d'Italia e siamo certi che le forze politiche di governo, i rappresentati delle istituzioni e le forme associative del nostro territorio si uniranno al nostro appello per evitare che questa scelta venga confermata».
Dal Parlamento
Sulla questione si è espresso anche il deputato bresciano Antonio Girelli. «La notizia della paventata chiusura della sede bresciana della Banca d'Italia lascia stupefatti. È infatti del tutto incomprensibile come una qualsiasi azione di razionalizzazione della rete possa interessare una realtà socio economica come quella bresciana – commenta l’onorevole –. Brescia è la sua grande provincia rappresentano con Milano, il traino della Lombardia. È un Territorio che spesso e volentieri non ha avuto l’attenzione che merita, ma che sia chiaro, non può subire ulteriori impoverimenti».
Girelli promette impegno: «Sarà mia premura individuare tutti gli strumenti idonei per capire e cercare di scongiurare questa scelta. Anche il Governo e i rappresentanti bresciani della maggioranza sono chiamati ad esercitare la loro funzione affinché questo proposito venga evitato».
La minoranza in Loggia
Fabio Rolfi, presidente della commissione Bilancio e tributi del Comune e leader dell’opposizione esprime diverse preoccupazioni. «È una brutta notizia per la città e per il territorio bresciano – precisa –. Dopo aver perso la banca di riferimento e aver assistito ad una progressiva “milanesizzazione” dell’ex municipalizzata, ora rischiamo di perdere anche la presenza territoriale della Banca d’Italia».
Rolfi chiede anche l’intervento della Loggia. «È necessario che si attivi, facendo valere il proprio ruolo politico e di rappresentanza della città, presso il Governo e i parlamentari bresciani, affinché si faccia capire che Brescia non vale meno di Forlì e che un territorio tra i più produttivi e industrializzati d’Europa non può essere trattato in questo modo. Il sindaco esca dal torpore e faccia sentire la propria voce in sede nazionale».
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