Economia

Caso Ambrosi, il cibo italiano stimola l'appetito dei big stranieri

Superata la fase più drammatica della pandemia da Covid-19, sul mercato globale si è registrata una corsa all’acquisto delle materie prime
In una foto d'archivio, Giuseppe Ambrosi accompagna dei visitatori dall'estero durante una visita in azienda - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
In una foto d'archivio, Giuseppe Ambrosi accompagna dei visitatori dall'estero durante una visita in azienda - Foto New Reporter Checchi © www.giornaledibrescia.it
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L’acquisizione del gruppo Ambrosi da parte della multinazionale francese Lactalis dimostra, ancora una volta, l’alto interesse dei colossi stranieri per il cibo made in Italy. Superata la fase più drammatica della pandemia da Covid-19, sul mercato globale si è registrata una corsa all’acquisto delle materie prime che, oltre a un’inevitabile speculazione economica, sta generando un profondo cambiamento anche nel nostro mondo agricolo, forse non ancora consapevole della portata del fenomeno.

Se da un lato l’investimento di Lactalis in Ambrosi conferma l’indiscutibile valore del gruppo bresciano, dall’altro lato mette in evidenza una questione cruciale: come può difendersi l’Italia dallo shopping strategico avviato dai big europei, americani e asiatici di settore? Due le premesse indispensabili prima di cercare una risposta al quesito.

La prima: nel caso di una trattativa privata, com’è avvenuto per Ambrosi, legittimamente il venditore accoglie l’offerta a lui più vantaggiosa e per nessun motivo si potrebbe impedirglielo. Va poi detto che alla base del nostro interrogativo non vi è un bieco provincialismo acuito dalla perdita di un gioiello dell’agroalimentare «made in Brescia», bensì lo sforzo per una visione di lungo periodo.

La sede del gruppo caseario Ambrosi a Castenedolo - © www.giornaledibrescia.it
La sede del gruppo caseario Ambrosi a Castenedolo - © www.giornaledibrescia.it

Dopotutto se le multinazionali straniere mirano al controllo delle materie prime senza badare a spese, meglio ancora se, come nel caso del gruppo caseario di Castenedolo, si tratta di materie prime collegate a un marchio di successo, fra una decina d’anni (o forse meno) i grandi operatori d’oltreconfine godranno di una posizione dominante ai tavoli delle trattative. Inevitabile oggi il riferimento alle negoziazioni tra produttori e trasformatori volte a determinare il prezzo del latte.

In quest’ottica, dunque, il sistema-Italia potrebbe agevolare e promuovere le sinergie tra piccoli operatori. Produttori latte indenne, Ca.Bre., Gardalatte e Latteria Soresina, ad esempio, dimostrano che il modello cooperativo mostra per ora un’efficace difesa dei propri soci dall’«aggressione» straniera. Va comunque detto che Lactalis opera già da diversi anni in Italia e finora non ha mai fatto trasparire la volontà di un trasferimento delle attività all’estero.

Tant’è che secondo le ultime indiscrezioni il presidente Giuseppe Ambrosi, nonostante il prossimo passaggio di proprietà a Lactalis, rimarrà al vertice della gestione del gruppo bresciano. Per molti la sua figura è una garanzia per la qualità dei rapporti fin qui costruiti con gli altri attori del territorio. E se l’insegna «Ambrosi» rimarrà in evidenza sullo stabilimento che affianca l’autostrada A4, nel frattempo, l’imprenditore, con una nuova «veste», continuerà a portare il suo contributo anche nel Cda della Centrale del latte di Brescia, dove, attraverso la Iniziative Alimentari compartecipata con altri imprenditori bresciani, detiene l’11,73% del capitale.

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