Casalinghi, le produzioni tornano a Brescia: boom di vendite nel 2021 ma incognita 2022
Nel comparto bresciano dei casalinghi è iniziato un lento e irreversibile processo di «reshoring». La delocalizzazione non paga più, la pandemia con il blocco della catena di approvvigionamenti dal far east ha costretto le imprese a rivedere modelli e strategie ed i marchi bresciani stanno, con prudenza e a piccoli passi, riportando a casa alcune produzioni.
«Il settore ha attraversato una profonda trasformazione nell’ultimo decennio - spiega il presidente di Fiac Anima, il bresciano Antonio Bertoli alla guida dell’associazione che riunisce i fabbricanti di articoli per la casa -. Sono rimaste le aziende più solide, quelle che hanno saputo comprendere per tempo i cambiamenti del mercato e che oggi guardano all’export come asset per la crescita. Con il made in Italy che resta una delle leve di marketing principali sui mercati internazionali».
È vero, il numero delle imprese del settore è stato decimato nell’ultimo decennio, ma il Bresciano conta ancora la bellezza di una trentina di aziende con proprio marchio, in parte dislocate in Valtrompia, alle quali si aggiunge il variegato indotto, costituito da una filiera insostituibile di terzisti e fornitori.
La ripresa
Il 2020, anno del Covid, era stato un bagno di sangue per quelle realtà strettamente legate al mondo della ristorazione e dell’alberghiero. Il 2021, dopo una partenza lenta, è stato segnato da una vera e propria esplosione delle vendite. «I mercati hanno mostrato un vigore e un’energia che non si vedevano da tempo e che ha permesso alle aziende di recuperare quasi completamente i livelli di fatturato pre-Covid», confida il presidente Bertoli
La corsa dei ricavi è proseguita anche nei primi mesi del 2022. «Da maggio si sono registrati i primi segnali di cedimento del mercato, giugno e luglio hanno confermato la frenata delle vendite - spiega Bertoli -.Inutile nasconderlo, siamo preoccupati, il quarto trimestre 2022 resta una grande incognita, lo spettro della recessione è trainat da un’inflazione pervasiva ed arriva proprio nell’anno che doveva consolidare la ripresa post pandemica. E soprattutto preoccupa il forte incremento del prezzo del gas che brucia importanti risorse che diversamente potrebbero essere destinate agli investimenti».
I bilanci del 2021
È la Abert della famiglia Bertoli a segnare il balzo più importante di fatturato nel 2021: il 103%, dai 14,3 milioni del 2020 ai 29,1 del 2021. Un rialzo scontato visto il crollo del fatturato subito nell’anno del Covid. La società di Passirano (136 dipendenti di cui 84 operai e 48 impiegati) ha chiuso l’esercizio con un Mol, margine operativo lordo, di 4,3 milioni e un utile netto di 1,8 milioni (nel 2020 la perdita era di 2,3 mln), dopo ammortamenti per 2 milioni.
Torna ai livelli pre-Covid anche il fatturato della Pinti Inox di Sarezzo (109 dipendenti, di cui 64 operai e 38 impiegati) che chiude il 2021 con ricavi pari a 22,5 milioni in crescita del 63% rispetto ai 13,8 milioni del 2020 (come Abert, anche il gruppo presieduto da Claudio Pinti è fortemente influenzato dal settore horeca). L’esercizio si è chiuso con un risultato positivo di 1 milione dopo ammortamenti per 950mila euro e imposte per 359mila euro. Da sottolineare la buona perfomance delle controllate Schoenhuber Franchi, che porta i ricavi dai 2,9 milioni del 2020 ai 5,07 del 2022; bene anche l’innovativa KnIndustrie di Sarezzo con ricavi oltre i 2 milioni.
La Lumenflon di Brandico (dal novembre 2021 la società appartiene al gruppo belga The Cookware Company Europe) è uno dei leader nella produzione di pentolame antiaderente. L’azienda dispone di due insediamenti coperti di 40.000 mq ed è strutturata in quattro divisioni: progettazione, sviluppo, produzione e controllo qualità. Nel 2021 la società (74 dipendenti, di cui 51 operai e 22 impiegati) ha segnato ricavi per 39 milioni, in crescita del 25% sul 2020, con un Ebitda che si attesta a 2,7 milioni, mentre l’utile scende a 39mila euro. Il piano industriale prevede lo sviluppo di nuove linee di prodotto a marchio Lumenflon che verranno commercializzate dal gruppo belga. Un settore che nonostante le difficoltà non smette di investire.
Lo dimostra la Ghidini Cipriano della famiglia Andina. Il gruppo di Gussago (64 dipendenti, di cui 43 operai e 19 impiegati) nel 2021 ha completato gli investimenti per nuove linee produttive in ottica Industria 4.0, con quattro presse robotizzate, due nuovi forni, quattro termoregolatori, un impianto di raffreddamento per il reparto dello stampaggio plastica. Mentre per fronteggiare i costi dell’energia elettrica ha completato un impianto fotovoltaico sul tetto dello stabilimento per un investimento di 700mila euro. La società ha chiuso il 2021 con ricavi a in crescita del 14% a 16,8 milioni; un Mol, margine operativo lordo che sale del 9% a 3,4 milioni e un utile netto di 1,4 milioni in calo rispetto al 2020 (era 1,9 milioni).
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