Carrello della spesa, il costo del latte cresce a dismisura
Un carrello della spesa più vuoto e più caro. Crescono i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari con aumenti che vanno dal +6,5% per la frutta fino al +25,1% per le verdure, ma è crisi profonda nei campi dove bisogna vendere 4 chili di mele per comperare un caffè.
È l’allarme lanciato dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat ad ottobre che evidenziano un’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari al consumo del +13,1%. Il punto critico di questi giorni riguarda il latte. Tanto che anche una delle rappresentanze dei consumatori - il Codacons - ha presentato un esposto perché a settembre un litro di latte Uht costava il 19% in più rispetto all’anno precedente. Un rincaro più alto della media dell’inflazione.
Nei primi nove mesi del 2022, si evince dal report Ismea - l’Istituto Studi dei mercati agricoli - i listini dei prodotti lattiero caseari registrano un incremento all’ingrosso di oltre il 25% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, trainato soprattutto dai formaggi duri, dai formaggi molli (rispettivamente +8,6% e +15,6% su base tendenziale) e, sebbene con un peso ridotto sul paniere complessivo, anche dal burro (+73,2%).
Se poi allarghiamo lo sguardo si annota che il calo della produzione mondiale di latte prosegue nel corso del 2022 interessando tutti i principali paesi esportatori, a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli e degli alti prezzi degli input che hanno impattato sulle scelte gestionali degli allevatori. Di fronte alla minore disponibilità di latte si è registrato uno straordinario aumento del prezzo alla stalla (stima media UE a settembre 53 euro/100 kg) trainato anche dal rialzo dei listini di burro e polveri. Una situazione analoga si riscontra anche in Italia dove la forte pressione dei costi e le difficoltà di approvvigionamento dei mangimi hanno indotto tutti gli allevatori di latte, suini, polli, bovini e conigli a frenare la produzione.
La ridotta disponibilità di latte e carne e i rincari del prezzo della materia prima, insieme con l’aumento dei costi di trasformazione (guidati dall’energia elettrica), stanno spingendo al rialzo i prezzi all’ingrosso di formaggi, salumi, uova, carne avicola (complice l’influenza aviare) e bovina. Unica anomalia è la carne fresca di suino che, complice le grandi importazioni di prodotto estero anonimo da parte della grande distribuzione e dell’industria di trasformazione, resta la più economica e conveniente nonostante il record di 2,072 euro al chilo pagato per un suino vivo. Sarà un paradigma ma se è vero che l’inflazione spingerà i prezzi al consumo in alto non è altrettanto certo che i prezzi pagati agli allevatori resteranno elevati ed in grado di coprire i costi di produzione senza un supporto promozionale a comprare prodotto italiano.
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