Economia

Ca’ del Bosco: «idromassaggio» all’uva prima della spremitura

L’impianto toglie impurità ai grappoli. La cantina franciacortina pronta a nuovi investimenti: 50 milioni per nuove aree e una cantina interrata
A Erbusco. Maurizio Zanella e Stefano Cappelli
A Erbusco. Maurizio Zanella e Stefano Cappelli
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Che sia una locuzione latina o «spa» sia solo un retroacronimo poco importa: perché mai come questa volta salus per aquam, la salute attraverso l'acqua, è verità soprattutto dopo la presentazione in Cà del Bosco a Erbusco della prima «area benessere» italiana in cui all'uva si pratica una specie di idromassaggio per rimuovere dalla buccia ogni impurità prima della pigiatura, per arrivare a prodotti dai quali tutto quello che non è purezza rimarrà fuori dalla bottiglia.

Henry Ford disse che se avesse chiesto alla gente cosa voleva, quella gli avrebbe risposto «Cavalli più veloci»; la domanda non fu posta e prima con Model A, poi con Model T, l'imprenditore del Michigan aprì la storia dell'auto. Se tutti noi abbiamo visto poi cosa è successo, non deve sorprendere allora se la tecnologia entra anche in cantina, se l'automazione muove le cassette dell'uva (non più di 16 chili di peso per non schiacciare i grappoli posati per primi sul fondo di ogni cesta dopo esser stati raccolti rigorosamente a mano), se duemila quintali di grappoli ogni giorno per dodici giorni si muovono all'interno della cantina mossi da bar code, lettori ottici, software e mano dell'uomo.

Uomo che alla fine ci vuole sempre, visto che sono quattro giovani studentesse degli istituti agrari cui tocca la selezione dei grappoli tra belli e brutti e che prima di andare alla spremitura passeranno in tre vasche di ammollo nelle quali è previsto il movimento ed il galleggiamento dei grappoli per «borbottaggio» d'aria, con l'asciugatura conclusiva per evitare la diluizione del mosto. Un'industria 3.0 adattata alla campagna.

Il nuovo impianto di lavaggio dei grappoli (il primo introdotto nel 2008 e migliorato nel 2012) «consente - spiega Maurizio Zanella, presidente di Cà del Bosco) - la riduzione pressoché totale di anticrittogamici, idrocarburi, muffe, polvere, terra ed eventuali insetti. Insomma una migliore qualità dell'igiene, facilitando il metabolismo fermentativo dei lieviti, quindi senza alcuna riduzione dei profumi e senza che ogni sfumatura dei nostri vini rimanga inespressa». 

L'impianto, pensato in Cà del Bosco, ma realizzato con contributi anche delle bresciane Evolut di Castegnato e FF Falconi di Montirone, rientra in un piano di investimenti per oltre 50 milioni di euro che comprendono l'acquisizione di nuove terre che portano a 219 ettari la superficie a vite con un'età media sopra i vent'anni, la realizzazione di una nuova cantina interrata 30 metri di 6000 metri su due livelli che consentirà l'allungamento del ciclo di lavorazione del vino a 24 a 28 mesi e di un tunnel di collegamento di cento metri underground a quota meno diciotto tra la cantina storica e quella in costruzione.

Da ieri in Cà del Bosco si è aggiunge una nuova etichetta, il Franciacorta riserva «Annamaria Clementi» (55% chardonnay, 25% pinot bianco e 20% pinot nero) vendemmiato nell'agosto 2009 ed accompagnato da un «levagraffa» (perché non easycorck, tappofacile) che ne recide la graffetta snellendo la stappatura. «Vendemmia che quest'anno - spiega il ceo (inteso come chief enologist officer) - Stefano Cappelli - dopo un 2017 in cui per una gelata era andato perso il 60% dell'uva, si presenta ottima anche se non recupereremo tutto il perduto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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