Bresciani al Pitti: «Occasione unica per farti conoscere»
Firenze capitale della moda riempie il Pitti, che si conferma vetrina mondiale delle tendenze, delle novità e anche degli eccessi dell’outfit. Il sopra le righe e... i quadri è sopratutto all’esterno: fashion victim che per strappare una fotografia scelgono l’estremo e il bizzarro, l’eccentrico che sfocia nell’improponibile.
«Si chiude poco, ma si parla tanto» conferma Elisabetta Tolani, di De Pio, uno dei 19 marchi bresciani presenti a Firenze. Azienda che produce calze dal 1949 con una chicca proposta per la nuova stagione.
«La calza in lana che rispetta gli animali. Utilizziamo - viene spiegato - la lana dello Yak, bue tibetano, che cade naturalmente e quindi non bisogna tosare». Le novità sono di casa al Pitti, anche se non è più come un tempo.
«Eppure non si può mancare» è il pensiero comune. Il live motrice è: contatti tanti, contratti poco. «Bisogna esserci per far vedere che esisti. È un discorso di immagini» racconta Giorgio Colosio di New England che con Tintoria Mattei e Guglielminotti Uomo rientra nella galassia di Giemme Brandscorporate di Pontevico. «Chi ti sceglie oggi è un commerciante molto attento e ci aspettiamo di incrementare i contatti».
Pitti ombelico del mondo della moda parla sempre più straniero. Il 60% di chi entra nei padiglioni non è italiano. «Vogliamo sfruttare questi numeri» svela il bresciano Cesari Ferrari di Andrea Fenzi del gruppo Doratex. «Guardiamo sopratutto ad Oriente. Giappone ma anche Cina dove la classe media esiste ancora non come in Italia dove è scomparsa» è l’analisi di mercato di Ferrari che non risparmia qualche stoccata alla rassegna di Pitti: «Bisogna esserci anche perché è rimasta l’unica fiera. Sono crollate le altre e quindi Pitti è cresciuto ma non per merito degli organizzatori».
C’è di più: «Sabato finisce questa edizione e già dovremo saldare la fattura per essere presenti il prossimo anno». Chi anche per il 2017 ha messo la bandierina del proprio marchio è Luca Roda tornato al timone della sua azienda e che, con una delle sue cravatte al collo, posa per i fotografi accanto al partner koreano Joe Cho. «Pitti è unico. In pochi giorni hai contatti che senza questi padiglioni avresti nell’arco di un anno». L'imprenditore bresciano è tornato al timone del suo gruppo, venduto e riacquistato in pochi anni, «per passione» giura. «È come sposarti per la seconda volta: o lo fai perché sei un pazzo o perché hai molto più entusiasmo della prima volta».
La brescianità al Pitti spicca nel simbolo della Rosa Camuna, finito sui nuovi modelli di scarpe della Lake, il gruppo sebino nato per gioco con i braccialetti in corda e ora una conferma nel panorama della nuova moda.
«Le mettiamo sul mercato con un prezzo interessante e accessibile: 120 euro senza però risparmiare sulla comodità» garantisce Massimiliano Carta partito da Piancamuno con quattro valige per un tour lungo due mesi. «Oggi Pitti, dove ci sono solo aziende che dimostrano solidità vista la selezione che viene fatta, la prossima settimana Milano, poi Berlino e Parigi». Giro d’Europa a caccia di ordini: «Seminiamo per raccogliere». Dove l’eccesso non ha limiti e le tendenze fanno scuola, tutto è possibile.
Negli oltre 60mila metri quadrati di superficie espositiva di Pitti si parla molto bresciano. Sono diciotto le aziende del nostro territorio che metteranno in mostra i loro prodotti alla più grande fiera italiana dedicata al mondo della moda: in totale sono 1.220 i brand della moda presenti a quest’ultima edizione della kermesse.
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