Bonometti: «Ecco perché mi candido alla guida di Confindustria»
«Credo fermamente che il presidente di Confindustria debba essere un uomo libero, al servizio delle imprese, di tutte le imprese, non di gruppi di pressione che agiscono a sostegno dei loro specifici, particolari interessi».
È questo uno dei passaggi del «manifesto politico» che il presidente dell’Associazione industriale bresciana, Marco Bonometti, ha inviato a tutte le associazioni settoriali e territoriali di Confindustria in Italia e all’estero, come documentazione di supporto alla sua scelta di candidarsi alla guida di Confindustria.
Una scelta maturata a lungo, esplicitata il 15 febbraio scorso con l’annuncio della candidatura e di cui Bonometti ha ricevuto conferma dalla Commissione di designazione. E, unico fra tutti i candidati, il titolare del gruppo industriale Omr, ha deciso di rendere pubbliche le motivazioni e gli obiettivi della candidatura.
«Voglio una Confindustria che sia delle imprese e per le imprese - scrive Bonometti -, lontana dalle logiche della peggiore politica», «perché credo che una Confindustria al servizio delle imprese possa svolgere un ruolo importante per creare le condizioni di competitività idonee allo sviluppo e alla crescita dell’industria italiana, in un mercato libero e aperto, per conquistare così nuove quote nel mondo».
La lettera arriva proprio nel giorno dell'incontro a Torino, moderato dall’economista Giuseppe Berta, tra i quattro candidati al dopo Squinzi. Oltre a Bonometti, nella sede dell’Unione Industriale si sono confrontati Vincenzo Boccia, Aurelio Regina e Alberto Vacchi. Un centinaio gli imprenditori in sala: a sorpresa, è arrivato anche l’amministratore delegato di Fca, Sergio Marchionne.
«Sono culturalmente e per educazione personale lontano da logiche di spartizione del potere, che vorrei restassero fuori da Confindustria - prosegue Bonometti -, credo che il presidente di Confindustria debba essere una persona stimata, forte, intrinsecamente autorevole, rappresentativa, internazionalizzata».
Nel documento Bonometti non esita a spazzare via le voci ricorrenti su «cordate» o «accordi» finalizzati a conquistare la guida di viale dell’Astronomia: «Non faccio alleanze per arrivare vincitore alla meta, perché non sono alla ricerca di una poltrona, non mi interessa il voto di scambio, che poi finisce per essere un cappio per Confindustria e per le imprese».
Il presidente dell’Aib scrive che «Confindustria non è un partito politico, e tale deve restare. In caso contrario si rischia di perdere di vista le ragioni dello stare insieme. Non mi interessano gli appoggi della politica, come mi capita di leggere, perché limitano la libertà di azione. Non mi interessano neanche gli appoggi del sindacato».
«Il mio rapporto con la politica ed il sindacato è di grande rispetto verso entrambi - si legge ancora nel testo -. Alla politica riconosco ruolo primario, perché senza politica, non ci sono regole e non esistono le condizioni essenziali per la crescita e lo sviluppo civile ed ordinato di una nazione. Confindustria deve saper essere un interlocutore primario della politica e del governo. Non con la furbizia della connivenza, che ha sempre gambe corte, ma con la forza delle idee, su progetti e proposte che possano essere vincenti e contribuire a riportare l’Italia nel novero delle grandi potenze. Così con il sindacato, il cui ruolo può costituire un fattore importante di stabilità e di sviluppo. Bisogna avere, però, due concetti di base molto chiari. Il primo, che la ricchezza che non si produce non si può distribuire. Il secondo, che ciascuno deve dare responsabilmente il proprio contributo alla crescita della competitività aziendale, e deve essere ricompensato secondo i suoi meriti».
«Su questi presupposti - conclude Bonometti - può svilupparsi qualsiasi confronto, in armonia con i principi correttamente sostenuti da Federmeccanica, autentico pilastro di Confindustria, ai quali mi sono sempre ispirato, e che gli industriali di Brescia condividono pienamente».
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