Economia

Barone Pizzini e la sfida per il 2025: «Produzione totalmente vegan»

L’amministratore delegato Silvano Brescianini: «Le prime bottiglie di Franciacorta già questa primavera»
La sede di Barone Pizzini - © www.giornaledibrescia.it
La sede di Barone Pizzini - © www.giornaledibrescia.it
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Un’annata che si è conclusa sugli stessi livelli di quella precedente, nonostante facesse presagire un finale piuttosto avaro di soddisfazioni.

Un consolidamento sui mercati esteri, Stati Uniti in primis, unito a qualche velata (ma nemmeno troppo) incertezza su cosa porterà l’era Trump. Ed una importante novità all’orizzonte, la certificazione «vegan» per tutti i vini prodotti dalle aziende della galassia Barone Pizzini: la cantina di Provaglio d’Iseo, ovviamente, ma anche la tenuta Pievalta (nelle Marche), i Poderi Ghiaccioforte (Toscana) e, infine, la Cascina Colombaroli (Montenetto).

Strategie

A lanciare (metaforicamente) il guanto di sfida è Silvano Brescianini, amministratore delegato di Barone Pizzini, il quale prima di snocciolare i dati del Bilancio 2023 (compreso quello sociale), si sofferma sul principale obiettivo dell’anno appena iniziato: «A partire da questa primavera, tutte le bottiglie che verranno messe in commercio - spiega - saranno caratterizzate dalla certificazione vegan. Una scelta dovuta a ragioni di target, specie rispetto ai fruitori più giovani, ma anche legata a quella filosofia aziendale che ci ha già reso dei pionieri del biologico».

Un binomio, quello tra vegan e bio, non necessariamente facile da perseguire. «Per chi fa vino biologico, ottenere questa certificazione è più complesso. Saremo però i primi, in Franciacorta, ad avere entrambe le attestazioni».

Tornando, più in generale, all’annata appena conclusasi, il 2024 sembrava destinato - come detto - ad essere un anno di transizione, ma - conferma Brescianini - «gli ultimi mesi ci hanno consentito di ricollocarci agli standard del 2023».

Prospettive

Ci sono però dei necessari distinguo: la piovosità del 2024, specie a cavallo dei mesi di maggio e giugno, ha influenzato la vendemmia successiva. E, di conseguenza, i numeri: «La produzione si è ridotta del 30%, lo stesso discorso vale per il tiraggio».

Nel 2023 le bottiglie vendute sono state poco più di 611mila (78.306 all’estero), con il Franciacorta Docg a farla da padrone (313.965). Se la previsione del -30% verrà confermata, è chiaro che il danno non sarà di poco conto, in uno scenario in cui «anche il calo di vendita, e di prezzo, dello champagne rischia di danneggiare il Franciacorta».

Se poi aggiungiamo l’ombra dei dazi promessi da Donald Trump, la situazione rischia di complicarsi ulteriormente, per quanto Brescianini non appaia troppo in ansia per le «minacce» del tycoon. «Credo debbano preoccuparsi di più Paesi quali il Messico, la Cina e il Canda». Sta di fatto che il Nord America (Usa in testa) resta il principale mercato estero per Barone Pizzini, valendo un terzo dell’export totale, seguito dalla Svizzera.

Rispetto alla quantità di uva, Barone Pizzini ne ha prodotta poco più di 600 tonnellate, acquistando meno del 20% di uve da aziende esterne, tutte a poca distanza nella cantina.

Complessivamente il valore totale della produzione 2023 è stata di 10.213.322 euro (nel 2023 era di 8.290.395 euro), a fronte di un costo di 9 milioni di euro.

Sostenibilità

Ultimo capitolo, quello della sostenibilità, concetto alla base del Bilancio sociale di Barone Pizzini. Restano centrali l’ottimizzazione del consumo energetico, la riduzione delle emissioni (nel 2023 la sede di Provaglio ha generato 78 tonnellate di Co2), e del consumo idrico. Senza dimenticare la cessione del 100% dei sottoprodotti, una circolarità che dà vita a nuovi cicli di lavorazione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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