Allevamenti intensivi, a Castenedolo una mozione per la riconversione

Castenedolo è uno dei primi tre Comuni in Italia, insieme a Spoltore in provincia di Pescara e San Vito al Tagliamento in quella di Pordenone, ad approvare la mozione promossa da Greenpeace, Isde, Lipu, Terra! e Wwf per una transizione in chiave agro-ecologica del sistema degli allevamenti intensivi.
Nei mesi scorsi, le cinque associazioni avevano messo a disposizione e inviato ai Consigli comunali di tutta Italia il testo della mozione: un atto d’indirizzo sulla riconversione del settore zootecnico per sensibilizzare la cittadinanza e le categorie economiche e favorire la discussione di un’iniziativa legislativa sul tema a livello nazionale, dove al momento rimane ferma alla Camera la proposta di legge «Oltre gli allevamenti intensivi» presentata dalle stesse organizzazioni oltre un anno fa.
Il sindaco di Castenedolo
«La abbiamo approvata il 20 marzo – dichiara il sindaco di Castenedolo, Pierluigi Bianchini –. Chiediamo un cambio di rotta nel modo di fare zootecnia, sostenendo la riconversione degli allevamenti intensivi in modelli più sostenibili e rispettosi di salute, ambiente e animali. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a un tema che riguarda tutti».
E continua. «Speriamo che tanti altri Comuni scelgano di unirsi a questo percorso, per costruire insieme un sistema agricolo più giusto. Allo stesso tempo, vogliamo esprimere il nostro sostegno alle piccole realtà agricole locali, che ogni giorno lavorano con cura e rispetto per la terra, rappresentando un’alternativa concreta e preziosa».
La proposta di legge
Gli impatti degli allevamenti intensivi sull’ambiente e le implicazioni connesse alla salute umana «sono ormai ampiamente documentati – scrivono le associazioni –. A livello nazionale il settore zootecnico è responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali di ammoniaca (seconda fonte di formazione delle polveri fini, Pm2,5, che causano decine di migliaia di morti premature ogni anno) e dell’inquinamento causato da eccessivi carichi di azoto e derivati nel terreno e nelle acque, con l’Italia sotto procedura d’infrazione per il mancato adeguamento alla Direttiva nitrati e il mancato raggiungimento di “buono stato” di tutte le acque, come previsto dalla Direttiva acque».
E scrivono ancora le cinque sigle: «La proposta 1760 punta a rendere protagoniste le piccole aziende agricole zootecniche in Italia, incoraggiando la transizione ecologica di quelle grandi e medie attraverso un piano di riconversione del sistema finanziato con un fondo dedicato. Prevede nell’immediato una moratoria all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.
Stabilisce, inoltre, che vengano definiti criteri e modalità per la riorganizzazione produttiva degli allevamenti intensivi e il riconoscimento di adeguate risorse economiche per il sostegno ad aziende che già adottano buone pratiche agro-ecologiche e rispettose del benessere animale. A tal fine, prevede l’istituzione di un tavolo di partenariato tra attori economici, sociali, agenzie ed enti di ricerca per la redazione di un Piano nazionale di riconversione: in questa partita i Comuni, quali enti più vicini alla cittadinanza, hanno un ruolo cruciale nel promuovere politiche locali a favore di sostenibilità ambientale, socio-economica e salute pubblica, seguendo l’esempio dei primi tre Comuni che hanno scelto di agire».
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