Addio alla Borsalino l’azienda dei cappelli più amati dai divi
Una grave perdita per la moda, lo spettacolo, ma soprattutto l'eccellenza italiana: il cappello Borsalino ha un legame stretto con le star di Hollywood. Lo indossa Jean-Paul Belmondo nel capolavoro «Fino all'ultimo respiro», Marcello Mastroianni in '8 e 1/2' e Tony Servillo nel film «La grande bellezza». Per questo il fallimento dell'azienda di Alessandria, nata come piccolo laboratorio di cappelli nel 1857 e diventata famosa in tutto il mondo, è qualcosa di più del triste finale di una bella storia d'impresa durata più di 160 anni. È un colpo al made in Italy e a un savoir faire industriale e artigianale quasi unico se si pensa che per creare un Borsalino servono 52 passaggi e sette settimane di lavorazione.
Il tribunale di Alessandria ha respinto la richiesta di concordato presentata dalla Haeres Equita, società dell'imprenditore svizzero Philippe Camperio, che gestisce l'azienda ed è titolare del marchio, vero valore della Borsalino. Già un anno fa un'analoga richiesta era stata respinta. Camperio, però, non ci sta. «Il fallimento si basa su ragioni tecniche e legali che nulla hanno a che fare con la gestione dell'azienda da parte di Haeres Equita.
L'attività di Borsalino continua, la nostra volontà è di andare avanti mantenendo i livelli occupazionali e il sito produttivo ad Alessandria», replica. In fibrillazione i 130 lavoratori che hanno tenuto un'assemblea in fabbrica e un presidio simbolico. Si mobilita il Comune di Alessandria, che ha attivato un tavolo di crisi in Prefettura , mentre i sindacati vedranno il 22 o il 27 dicembre i curatori.
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