Addio a Mario Buffoli, fondatore della Buffoli Transfer
Il mondo dell’imprenditoria bresciana è in lutto. È morto, all’età di 94 anni, Mario Buffoli: «l’Ingegnere», come tutti lo chiamavano, in rispetto alla sua autorevolezza, accompagnata però da una grande dose di umanità e da una capacità di sdrammatizzare le situazioni più difficili, che lo rendevano vicino ad amici, dipendenti, collaboratori.
Mario Buffoli diede vita, nel 1952, ad uno studio di ingegneria in città, già all’epoca un vero incubatore di innovazioni e di idee, da cui sarebbe successivamente scaturita Buffoli Transfer spa, azienda in prima linea del gruppo Buffoli Industries, leader nella progettazione e realizzazione di impianti chiavi in mano, con particolare attenzione alle macchine transfer Cnc. Oggi al vertice dell’impresa ci sono i figli Edoardo e Francesco Buffoli, entrambi amministratori e, rispettivamente, presidente e vicepresidente. Oltre ai figli, l’ing. Buffoli lascia la moglie, signora Adriana Beccalossi, che gli è stata al fianco per 67 anni. «Ci sono arrivati tanti messaggi, anche dai suoi compagni di scuola dell’allora Moretto, poi Itis, che lo ricordano come una persona che aveva una marcia in più – racconta Francesco Buffoli -, una mente creativa, versata nella matematica. Era anche molto allegro, pieno di interessi e curioso; sapeva passare con disinvoltura dall’arte alla meccanica».
La crescita
Buffoli non proveniva da una famiglia agiata e si era fatto «da sé»: dopo il diploma di perito aeronautico, decide di frequentare un quinto anno per conseguire la maturità scientifica, così da potersi iscrivere alla facoltà di Ingegneria al Politecnico di Milano (dove si laureerà con lode e medaglia d’oro conferita ai migliori studenti). Per mantenersi, e finché non vincerà una borsa di studio, realizza e vende aero modelli, una delle sue passioni.
Grazie ai risultati brillanti, una volta uscito dall’università riceverà proposte da varie aziende ed avrà anche l’opportunità di entrare nel corpo docente dell’Accademia di Faenza. «Ma lui voleva mettersi in proprio – prosegue Francesco – e così farà, all’inizio vendendo i primi progetti di macchine automatiche per fare strisce stradali o prodotti come grissini e michette milanesi, senza aver una sede, affittando un capannone e del personale». Quindi l’avvio del filone delle presse di stampaggio a freddo per viti e bulloni, poi della Transferdadi che sarà esportata in tutto il mondo e delle prime macchine transfer idrauliche e a tavola sospesa. Il resto è storia, una storia di coraggio imprenditoriale e di grande empatia. Può valere, fra tutte, la testimonianza di Claudio, suo ex operaio: «Lui se ne è andato, ma solo con il corpo. La sua bontà, la sua dolcezza e tutto ciò che l'ha reso uomo meraviglioso, rimarrà nel cuore per sempre».
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