A Brescia un esercito di 16.700 abusivi minaccia gli imprenditori regolari
Il lavoro nero minaccia le partite Iva, soprattutto gli artigiani, e produce danni consistenti alla nostra economia. È noto che lavorare con partita Iva da piccoli imprenditori, in una società complessa e fiscalmente pressante come la nostra, non è facile. Le tasse e i balzelli da pagare sono tanti, le ore non si contano, come non si contano i sabati e le domeniche passati con in mano cacciaviti, secchi e cazzuole, forbici, tubi, fili, telefono o computer. A complicare la vita alle piccole e alle micro-imprese bresciane e lombarde, mettendone a rischio in qualche caso la sopravvivenza, ci sono anche gli abusivi, quelli che non pagando le tasse e non versando i contributi riescono a fare prezzi più bassi di chi opera legalmente, sottraendogli i clienti.
Lo studio
A Brescia, secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia, le «unità» irregolari sarebbero 16.700, responsabili della crisi del bilancio di 15.339 imprese fragili, quelle più esposte ai morsi della concorrenza sleale. Di queste ben 13.711 avrebbero a che fare con l’artigianato, un numero che rappresenta addirittura il 14,5% del totale delle nostre imprese e l’89% delle più vessate, in pratica queste ultime quasi tutte artigiane.
Lavoratori in nero
La stima bresciana dell’Osservatorio Mpi sugli operatori sommersi - quella parte di mondo del lavoro dove gli occupati non hanno contratti e dove chi fa un’attività la svolge senza lasciare tracce fiscali - paventa invece la presenza «in nero» di 58.000 persone, che diventano 490.000 se si allarga il raggio a tutta la Lombardia. Per il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia, Eugenio Massetti, «i numeri emersi con l’indagine sono peggio di quanto si immaginava». Massetti chiede al governo «tolleranza zero» per un fenomeno che «sottrae lavoro e reddito ai piccoli imprenditori, e risorse allo Stato, minacciando la sicurezza dei cittadini».
Le attività a rischio
I settori più a rischio a Brescia sono acconciatura e estetica, edilizia e costruzioni, e imbiancatura edile. Delle 13.711 imprese artigiane sotto pressione per concorrenza sleale ben 2.865 lavorano nell’acconciatura e nell’estetica, 2.170 occupano muratori o addetti alle costruzioni, e 1.966 i pittori edili. Dalle conseguenze del lavoro sommerso non sono esenti nemmeno le piccole e micro-imprese di elettricisti (1.674), di manutentori e autoriparatori (1.663), di idraulici (1.444), di riparatori di beni per uso personale e per la casa (828), di potatori e giardinieri (585), di tassisti (259) e fotografi (210).
I dati lombardi
A livello nazionale la Lombardia ha il record numerico di «unità indipendenti non regolari», che sono 130.800. In Lombardia è irregolare l’11,3% dei soggetti che svolgono attività indipendente. I rischi maggiori di infiltrazione abusiva riguardano 108.614 imprese artigiane (86% del totale). L’artigianato più esposto è quello di Milano, implicato complessivamente nel 50,2% dei casi. Seguono Lodi con il 50% e Varese con il 47%. Nella graduatoria italiana composta per «tasso di irregolarità dell’occupazione» la nostra regione è al 14° posto su 21 con il 10% di occupati non regolari. Al primo posto c’è la Calabria con il 21,5%, all’ultimo la Provincia autonoma di Bolzano con l’8,4%.
In questi giorni Confartigianato Imprese ha lanciato una campagna nazionale di informazione contro l’abusivismo battezzata «Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani». Secondo Massetti «è fondamentale ricordare la qualità dei professionisti riconosciuti e il rispetto delle norme, ma anche richiamare le autorità a un’azione di contrasto dell’evasione».
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