A Brescia crescono le imprese che adottano il digitale
Ci sono due notizie, una buona ed una cattiva, che arrivano dallo studio presentato ieri in via Branze dal Rise, il gruppo di ricerca attiva del dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università degli Studi di Brescia.
Quella buona è che dal 2015 ad oggi è costantemente cresciuto il numero di imprese che adotta tecnologie digitali ed è pari al 71% del campione di analisi (costituito per la maggior parte da aziende lombarde ed in gran parte bresciane). La cattiva notizia è che resiste uno zoccolo duro di imprese che di digitalizzazione non ne vuole sentire parlare.
«A otto anni di distanza dal Piano Industria 4.0, un terzo delle aziende non hanno fatto alcun passo verso la digitalizzazione - spiega il professor Andrea Bacchetti, autore dello studio insieme al ricercatore Marco Ardolino -. C’è una parte importante di imprese che non vede necessità della trasformazione digitale. Ma chi ha goduto degli incentivi 4.0 oggi sta valorizzando gli investimenti».
Il campione
Lo studio, giunto alla sua quinta edizione, analizza un campione di 211 imprese, per la maggior parte lombarde e bresciane. Realtà appartenenti a settori trasversali: per il 52% grandi imprese, il 26% medie, il 16% piccole ed il 4% micro. «Lo studio mette in evidenza la trasversalità del legame che esiste tra l’adozione del digitale e le pratiche di sostenibilità - spiega Bacchetti -. Il digitale, per certi versi è una leva che favorisce l’adozione di buone pratiche per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità».
Individua nella «gestione della conoscenza» la sfida più importante per mettere a terra il potenziale del paradigma 5.0. Come spiega il professore Marco Perona, con la crescita del livello di digitalizzazione dell’impresa aumenta la consapevolezza della necessità di «strutturare un processo di gestione dei dati, capire come utilizzarli, per capitalizzare l’investimento e quindi prendere le decisioni più velocemente».
Tavola rotonda
Il Piano Transizione 5.0 più che l’evoluzione di Industria 4.0, può essere definito una «toppa» al 4.0, messa frettolosamente dal governo Meloni. Ad affermarlo è Franco Canna, direttore di The Innovation Post. «Il piano viene integrato al Pnrr, attraverso una nuova Missione 7 - spiega -. Ma se è vero che il digitale è una leva per favorire il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. L’errore del Governo e dell’Europa è stato fare l’equazione "digitale uguale sostenibilità". Quindi premiare solo gli investimenti 4.0 che avevano come risultato la riduzione dei consumi energetici. Rendendo l’agevolazione molto difficile da ottenere».
Al convegno «Dal 4.0 al 5.0» anche le testimonianze del Presidente di Confindustria Brescia, Franco Gussalli Beretta; del vicepresidente di Confindustria, Marco Nocivelli (presidente gruppo Epta); della presidente di Gefran, Maria Chiara Franceschetti; del Ceo di Palazzoli, Andrea Moretti.
Se per Franceschetti la conoscenza del dato «offre all’imprenditore strumenti che aiutano a prendere decisioni», resta comunque «centrale il ruolo dell’essere umano». Mentre Palazzoli sottolinea come la digitalizzazione sia in grado di imprimere un’«efficienza globale alla fabbrica».
Nocivelli si rifà alle parole di Mario Draghi: «Bisogna mettere al centro la competitività dell’industria». E guardando all’Europa, «Non servono approcci ideologici. Il rischio è fare ahimè quello che stiamo vedendo: invece di fare decarbonizzazione, facciamo deindustrializzazione».
La Beretta è stata pioniera nell’adozione del digitale: «Abbiamo iniziato a lavorare nel 2010 alla digital company - dichiara Gussalli Beretta -. In quegli anni i miei collaboratori non capivano l’importanza del salto da compiere: oggi il digitale è la colonna vertebrale dell’azienda dove attingono tutti i comparti, dalla produzione al marketing. In questo disegno, l’intelligenza artificiale gioca un ruolo fondamentale perché da buoni metalmeccanici, abbiamo constatato che questo percorso ha reso la fabbrica efficiente e competitiva».
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