Economia

100 anni di OM: aprì la filiera bresciana dell’automotive

Nel ’17 il primo autocarro La storia ricca di primati: tecnologia, lavoro, e conquiste sindacali
Il simbolo della OM. Il mitico Leoncino, mezzo dal quale sono poi derivati i nuovi Eurocargo
Il simbolo della OM. Il mitico Leoncino, mezzo dal quale sono poi derivati i nuovi Eurocargo
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L’attualità di una storia secolare: anche se poi quella storia ha preso negli anni strade diverse da quelle sulle quali era iniziata. Anche in omaggio a questi primi cento anni sabato 7 ottobre, al Centro congressi Iveco di via Franchi 23/a, si terrà il convegno «Mobilità 4.0 nell’era dell’economia circolare» dedicato alla filiera bresciana dell’automotive che proprio in Om ha visto i primi passi.

Si parlerà delle dimensioni della filiera, del "fenomeno" Eurocargo, del passaggio generazionale, di globalizzazione e naturalmente di veicoli elettrici, dual fuel e ad alimentazione a gas. Inizio ore 9,15.

Il welfare aziendale? Già visto. L’alternanza scuola lavoro? Sperimentata con successo. L’aristocrazia operaia che sapeva fare "i baffi alle mosche"? Uomini da Champions league, come il sindacalista Luigi Guizzi che lavorava alle rettifiche e faceva politica sindacale senza mai alzare gli occhi dalla macchina. Il giornale aziendale? Non poteva mancare. La tecnologia? Da Brescia sono usciti i primi camion a cabina avanzata (quelli senza muso per intenderci). La fabbrica come laboratorio sindacale? Cose da alta scuola di relazioni industriali. L’organizzazione aziendale? Sempre anticipatrice. Manager made in Brescia formati in via Volturno e spediti nel mondo? Tanti e tutti bravi. Il marketing in tuta blu?

C’è stato anche quello in Om, marchio (che oggi è Om Still, società indipendente che produce carrelli elevatori) nato tra settembre e ottobre del 1917, quando Brixia Zust porta in dote lo stabilimento di Brescia, iniziando a produrre autocarri, scavallando poi due guerre e entrando negli anni Settanta in Iveco. La storia industriale della provincia da quegli anni ha compiuto grandi passi: la crescita difficilmente ci sarebbe stata se alle spalle dell’ attualità non ci fosse stato un solido passato fatto di idee, lavoro, tecnologia e management, mercati che dopo la guerra non avevano niente e chiedevano quello che si poneva come un primo Oceano blu, spazio di mercato incontestato.

E proprio dopo la seconda guerra mondiale Om inizia a proporsi come modello: con la scuola aziendale in cui formava i propri giovani allievi alcuni dei quali, una volta "diventati grandi", hanno camminato da sé aprendo nuove aziende; favorendo la nascita di centinaia di imprese subfornitrici; proponendo un welfare con cui l’azienda anticipava il tfr ai dipendenti che, in una "joint venture" a tre - con Cassa di risparmio e risparmi del lavoratore - avrebbero potuto comprarsi una casa Marcolini.

Om fu tra le prime a proporre un premio di risultato ante litteram: il centro ricreativo di Padenghe viene infatti regalato da Vittorio Valletta come riconoscimento ai lavoratori per i trecento carri ponte realizzati entro gli strettissimi tempi richiesti dall’ambasciata americana. Ma ovviamente non tutto era sempre condiviso o, come si dice oggi, concertato e gli scontri sindacali sono stati spesso forti: al premio anti sciopero proposto dall’azienda si opposero Michele Capra e la Fim di Franco Castrezzati con il periodico «La voce democratica»; più avanti con Giovanni Landi nacque il movimento degli autoconvocati; in favore dei lavoratori si schierò durante una pesante vertenza anche il sacerdote filippino, parroco di Sant’Antonio in via Chiusure, poi cardinale, Giulio Bevilacqua.

Nel Dopoguerra, pur sempre pilastro dell’occupazione di città e provincia (nel 1947 occupava 4850 operai e 750 impiegati), Om attraversa una crisi importante quando a Brescia arriva dalla Fiat di Torino Vittorio Valletta: vengono nominati nuovi manager, decisa una riorganizzazione importante e un altrettanto importante piano di investimenti con il lancio di nuovi modelli con nomi di stelle (Orione), personaggi mitologici (Titano) o di animali (Taurus, Leprotto, Daino), oppure Leoncino, un Eurocargo ante litteram di pari successo.

Storia curiosa quella del nome Leoncino, vero e proprio caso di marketing in tuta blu: sul foglio di lavoro uscito dalla progettazione la sigla era «L.O.C.» che le tute blu bresciane commutarono in "elleoci" e da qui, in dialetto, "leonci" ed infine Leoncino. Straordinario il grado di accoglimento sul mercato, per la qualità, forza e versatilità del mezzo e grazie anche alla seconda catena montaggio italiana dopo quella in Fiat a Torino. Storie d’altri tempi. Oggi i tempi li detta il mercato, ma questa è un’altra storia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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