Viola e il blu: educazione e libertà di essere ciò che si vuole
Viola non capisce perchè esistono «cose da maschi» e «cose da femmine». È una bambina che gioca a calcio, preferisce arrampicarsi sugli alberi che dedicarsi alle principesse e ama vestirsi di blu, anche se le dicono che a lei dovrebbe piacere il rosa, perchè «è una femmina». La sua storia di «bambina difficile» viene raccontata da Matteo Bussola in Viola e il blu, il suo primo libro per bambini pubblicato da Salani, con illustrazioni dell'autore, in cui c'è «tutta la libertà di essere i colori che vuoi» usati qui come metafora di una crescita senza stereotipi ed etichette di genere.
«Penso che il pubblico dei bambini e delle bambine sia il più difficile a cui rivolgersi e anche per questo il più necessario. Continuiamo a dire che bisogna partire dall'educazione. È vero, è complicato, ma bisogna farlo se no non cambierà mai niente. E poi il messaggio che volevo portare, al di là della pericolosità del binarismo di genere e degli stereotipi, era più profondo. Più che della diversità abbiamo paura della nostra unicità e invece penso che la ragione per cui siamo al mondo, la nostra missione è proprio quella di essere noi, di diventare noi. Dovremmo andare orgogliosi di questa unicità, sia nel nostro lavoro sia quando ci piace una ragazza o un ragazzo e invece l'educazione, la politica investono maggiormente sull'omologazione, per tacere della religione e quant'altro» dice all'Ansa Bussola, giornalista e scrittore, che tra l'altro conduce su Radio24 con Federico Taddia I padrieterni, sul ruolo dei nuovi padri.
«Tutte le dinamiche di discriminazione sul diverso, a partire dal bullismo nella scuola, partono da qui, dall'incapacità di riconoscere l'altro da noi come uguale a noi, con gli stesi diritti di essere quello che vuole» sottolinea Bussola. Non a caso Viola i colori li scrive tutti con la maiuscola, perchè per lei sono come le persone, ciascuno è unico. Nel dialogo con suo padre, che è un pittore, scope anche che non è proprio così vero, come si crede, che il rosa sia il colore delle femmine. «In realtà la suggestione è partita, oltre che dai dialoghi con le mie figlie, i cui colori preferiti sono il blu, il giallo e il rosso, leggendo un saggio sui colori dove ho scoperto che fino a non troppi anni fa questa divisione manichea di attribuire il rosa alle femmine e il blu ai maschi era al contrario.
All'inizio del Novecento il blu era considerato colore delle femmine e il rosa dei maschi. Per citare due esempi più alti, che riporto nel libro, basta pensare al velo della Vergine Maria, che lungo tutta la storia dell'arte è stato rappresentato quasi sempre in blu, e agli affreschi di Michelangelo nella cappella Sistina dove Dio ha una veste rosa. Questo testimonia che anche le nostre credenze più radicate in realtà sono poca cosa perchè tutto cambia in continuazione e per fortuna» spiega Bussola. Padre di tre figlie di 7, 9 e 14 anni, lo scrittore, che vive vicino a Verona dove è nato, è tra l'altro l'autore del bestseller Notti in bianco, baci a colazione (Einaudi), una specie di diario di paternità per cui gli è stata attribuita la definizione di «mammo».
«Raccontavo la storia di un personaggio, che poi ero io, che divide al 50% con la sua compagna l'educazione delle bambine e la vita domestica. Per questa semplice ragione tutte le volte che mi intervistavano venivo definito 'un mammò. Una parola che all'inizio trovavo carina e simpatica, poi ho compreso che in realtà cela un principio disgustoso: quest'idea che ci sia questa zona sensibile di affettività, tenerezza e cura che noi siamo abituati ad attribuire in automatico alle sole donne, o prevalentemente alle mamme. E se tu uomo provi ad addentrarti in questo territorio ti fanno diventare una donna, un mammo. È il pregiudizio speculare alla donna con le palle, sicura, determinata, in carriera che dobbiamo far diventare un uomo» dice Bussola. Ma ci tiene a dire che in Viola e il blu non ha mai avuto «l'intenzione di scrivere un libro Girl's power, dalla parte delle bambine. Volevo scrivere un libro Human's power, in cui questi stereotipi fossero mostrati sia pur attraverso gli occhi di una bambina, ma da entrambi i punti di vista. Penso che la radice di questi problemi sia soprattutto nell'educazione dei maschi. Il cosiddetto femminismo non è il contrario del maschilismo perchè il maschilismo è una forma di privilegio che si basa sulla negazione dei diritti della controparte, su una forma di prepotenza mentre il femminismo postula una parità, non una superiorità. I primi che dovrebbero essere femministi sono proprio gli uomini » spiega. Molte le riflessioni anche sull'uso delle parole perchè il «linguaggio cela una discriminazione che si è perpetrata negli anni».
E benchè dal programma che conduce con Taddia sui nuovi padri venga fuori che c'è stata un'evoluzione e ci siano tanti «padri che si prendono il tempo per stare con i propri figli, lo fanno ancora oggi avendo tutto il mondo contro» spiega Bussola e aggiunge: «mancano leggi e opportunità, ma a volte e lo dico a denti stretti e dispiacendomi, sono le donne e anche le madri a fare ostruzionismo in questo senso».
La dedica è per le «piccole piantine storte» di Bussola.
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