Cultura

Villoresi: «Eleonora Duse, una pioniera in tutti i sensi»

L’attrice parla dello spettacolo che stasera al San Barnaba apre il Festival LeXGiornate di Brescia
Con il pianista Marco Scolastra. Pamela Villoresi, che dedica uno spettacolo a Eleonora Duse
Con il pianista Marco Scolastra. Pamela Villoresi, che dedica uno spettacolo a Eleonora Duse
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Musica in contaminazione con altri linguaggi: è la formula del Festival LeXGiornate di Brescia, che affida l’avvio della diciassettesima edizione al racconto della vita e della figura di Eleonora Duse, con le sue predilezioni musicali.

Sua è la prima tra le «Voci di donna» previste in questa edizione della rassegna diretta dal maestro Daniele Alberti: se ne fa interprete Pamela Villoresi nello spettacolo di stasera, alle 21, al San Barnaba (in piazza A.B. Michelangeli), «Musica dell’anima, ritratto di Eleonora Duse fra le note della sua epoca».

Qual è il motivo ispiratore di questa scelta?

Eleonora Duse, donna coltissima, ha avuto grandi amori musicali. Già da bambina manifestava una predilezione per Rossini, che le dava allegria. Poi ha scoperto Chopin, che per lei era come un «gemello dell’anima». Di Beethoven, nelle sue tournée, portava sempre con sé un piccolo busto di gesso ed era questo il primo oggetto che toglieva dal bagaglio. Ha avuto per qualche anno una storia con Arrigo Boito, ascoltava la musica di Wagner nel periodo trascorso con D’Annunzio e alla fine, negli ultimi anni della sua vita, si è avvicinata a Gershwin e alla musica contemporanea. Nello spettacolo queste musiche sono eseguite dal vivo al pianoforte da Marco Scolastra.

Come viene presentata la figura della grande attrice?

Ho letto molto di lei e la racconto in prima persona. L’autrice del testo, Maria Letizia Campatangelo, si è basata su suoi scritti, lettere e diari. Ho presente il materiale fotografico, quel che mi affascina di lei è che è stata la prima a proporre in Europa una recitazione moderna: non si aggrappava alle tende, interiorizzava con uno scavo psicologico. A lei si è ispirato il metodo Stanislkavskij, Lee Strasberg si è inginocchiato davanti a lei, che ha gettato le basi per l’interpretazione cinematografica.

Perché è importante riscoprire oggi questa figura?

Eleonora Duse è stata per le attrici e per tutte le donne un’apripista. Veniva da una famiglia di sfortunati teatranti, soffriva il freddo nelle stanze d’albergo ghiacciate - la capisco bene per il freddo che si patisce anche in palcoscenico – e ha saputo dotarsi di una grande cultura. Ha fatto conoscere Strindberg fuori dalla Svezia, è stata lei la fortuna di D’Annunzio e nonostante tutto l’ha sempre perdonato, per il sogno che coltivavano insieme di far resuscitare il teatro in versi. Ci sono riusciti, ma poi non gli ha perdonato il tradimento teatrale, per «La figlia di Iorio».

Ha fatto regia di suoi spettacoli, è stata imprenditrice, è diventata famosa all’estero. Soffriva di malattia ai polmoni e ha recitato con grande successo con un polmone solo. Ha avuto un figlio fuori dal matrimonio e ha pagato i prezzi che questo comportava al suo tempo. Con i suoi soldi ha creato il primo ospizio per artiste anziane. È stata una pioniera in tutti i sensi.

Quale altro spettacolo porterà a Brescia, per la Stagione di prosa del Centro teatrale bresciano?

Sono iniziate adesso le prime prove de «I sogni del Gabbiano», spettacolo ispirato al Gabbiano di Cechov: Irina Brook lo rilegge come storia di una famiglia teatrale, con un’attrice e di uno scrittore famosi e giovani che aspirano ad affermarsi ma restano schiacciati dall’egoismo di chi è già affermato. Per l’autrice del testo, figlia di Peter Brook e di Natasha Parry, è un modo per parlare della sua famiglia teatrale e di proporre a tutti noi una riflessione meravigliosa sul mondo del teatro. Il lavoro con Irina mi entusiasma.

Com’è il suo rapporto con Brescia?

Ormai è un legame indissolubile, in particolare con il Festival LeXGiornate di cui sono stata madrina per anni. Mi dispiace di non poter stare più a lungo fuori Palermo, dove dirigo il Teatro Biondo, ma torno sempre con molto piacere e con il Ctb continuano e si consolidano le collaborazioni: praticamente ci siamo reciprocamente adottati.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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