«Vi che salta, formai che pians e oio bu»: il dialetto e il cibo

«A chi non pias ’l vi, la fómna e ’l cantà, o ’l vaghe o dórmer o a fas frà». Anche perché «Èl vi fa sanch, l’aqua fa fanch», il nettare dell’uva, cioè, sostiene l’anima e il corpo. Come il formaggio del resto, talché si dice che «La böca nó l’è straca sè nó la sènt dè aca» una chiusura pasto perfetta, come «’l formai ensima ai casonsei». Proverbi, citazioni, motti, poesie, racconti, canzoni nella letteratura e nella tradizione dialettale bresciana con protagonisti il vino, il formaggio e l’olio.
Una ricchezza straordinaria di espressioni, parole, significati che vanno ben al di là del fatto gastronomico per assumere il valore di costume, sentimenti, azioni, filosofia di vita, gesti quotidiani. Di una Brescia e di bresciani che non esistono quasi più. «Vi che salta, formai che pians e l’oi bu» è il titolo del libro firmato da Costanzo Gatta per il Centro Studi San Martino della Fondazione Civiltà Bresciana (76 pagine, 10 euro). I tre alimenti non sulla tavola nostrana, ma in biblioteca. Nel dizionario della vita quotidiana di un tempo, ma spesso anche dell’oggi.
Chi disdegna il dialetto, si astenga. Chi non lo conosce può avvicinarsi al testo con umiltà, per scoprire significati e sfumature. Gatta è un cultore del vernacolo, da anni pubblica libri che recuperano la nostra tradizione linguistica. Con una certa nostalgia per qualcosa di autentico che si sta perdendo. Il libro sarà presentato in un contesto particolare, in sintonia con la vocazione del Centro San Martino che studia la storia delle nostre campagne: la Fiera dell’Agricoltura di Orzinuovi. L’appuntamento è venerdì primo settembre, alle 20.30, nella chiesa orceana di Santa Maria Addolorata con, fra gli altri, mons. Antonio Fappani, Tonino Zana e l’autore.
«Vi che salta, formai che pians e l’oi bu» è una miniera di curiosità, non solo linguistiche. Gatta ha scelto la forma del racconto: le chiacchiere all’osteria, al trani e al licinsì; un filos fra amici in onore del formaggio; il dialogo fra un marito, la moglie e il parroco sulle virtù dell’olio (e su tutte le possibili accezioni nell’uso della parola). Il tutto sempre sul filo dell’ironia.
Dalle pagine escono il profumo del mosto, della panna, dell’olio versato sul pane caldo; l’odore di terra coltivata, di sudore e fatica. Di bettole dove bevitori, contadini, commercianti e gente del popolo consumano le ore, dispensando saggezza vera o presunta attraverso le parole della quotidianità. Perché intorno al vino (come del resto al formaggio e all’olio) ruotano interi mondi, cantati da poeti, teatranti, scrittori come Angelo Canossi, Bruno Frusca, Angelo Albrici. Oppure da personaggi popolari come Rassega, al secolo l’ortolano Angelo Ferrazzoli. Più spesso da anonimi inventori di canzoni, proverbi, motteggi della vecchia Brescia. Perché l’odore più intenso che si avverte è quello di una città scomparsa, per molti versi sconosciuta, un contesto umano, sociale ed urbano raccolto, «dove le persone - commenta Gatta - si sentivano più libere di adesso, capaci di esprimere la loro originalità e di coltivarla senza per questo essere messi alla berlina. Anzi. Personaggi come Rassega o l’astronomo Giovanni Paneroni oggi non sarebbero possibili».
Tra le curiosità del libro c’è un intero racconto in gaì, l’antico ed esclusivo gergo dei pastori, la slacadura dei tacolér bresciani e bergamaschi. Una chicca, con il cobüs (prete), il casér de slons (sindaco), il bergnöl (diavolo) e la büsera (ostessa).
Durante la serata del primo settembre nella chiesa di Santa Maria Addolorata è in programma anche una coda speciale, «Raccontar con arte», spettacolo con chitarra (Maurizio Lovisetti) e voce recitante (Daniele Squassina). Testi e musiche curati da Lovisetti e Squassina sul tema «Il formaggio con le pere. La storia in un proverbio», con la proiezione di immagini tratte dalla storia dell’arte a sottolineare il legame fra cibo e relazioni sociali. Perché vi, formai, e oio bu, come dice Laura Cottareli del Centro studi San Martino, «saziano lo stomaco, allietano il palato e, da sempre, avvicinano gli uomini».
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