Cultura

Vezzoli: «Speciale vedere le opere fare un percorso nel tempo»

«Questi oggetti tornano a casa e dialogano con la medesima stratificazione che li costituisce»
Autoritratto: Francesco Vezzoli, che sarà nella sua città per un progetto «site specific»
Autoritratto: Francesco Vezzoli, che sarà nella sua città per un progetto «site specific»
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È un artista contemporaneo tra i più affermati ed apprezzati a livello mondiale. Per lui e con lui hanno lavorato - tra gli altri - Lady Gaga, Chiara Ferragni, Cate Blanchett, Sharon Stone, Benicio Del Toro, Catherine Deneuve.

Il suo lavoro - talmente eclettico da far apparire riduttivo ogni tentativo di definizione - è il complesso e raffinato frutto di un crossover di epoche storiche e suggestioni contemporanee che dalla fascinazione per l’antico giunge al multimediale, passando per il cinema, il ricamo, la cultura pop, Hollywood, la performance, il passato riversato nel presente e viceversa.

Francesco Vezzoli - bresciano di nascita, studi londinesi e carriera internazionale - fa ritorno nella Leonessa, in occasione della sua prima personale in città. Vezzoli: in giugno si inaugurerà la mostra che la vede impegnato in veste non solo di artista, ma anche di curatore.

Cosa può anticiparci? Il progetto dovrebbe essere composto da 7-8 sculture, mai esposte in Italia e di cui alcune totalmente inedite, installate nel Parco Archeologico di Brescia romana. Tra queste: la «Nike Metafisica», riproduzione in cemento della Nike di Samotracia con innestata una testa alla maniera di De Chirico, e quella con le fattezze giunoniche della Venere di Willendorf ricreate in bronzo con testa marmorea di giovane donna romana. L’ispirazione deriva una prassi cinquecentesca per cui se ad una scultura si spezzava un arto, il frammento veniva semplicemente sostituito; ed è così - con tali stratificazioni, che poi sono anche narrazioni interne molto profonde - che questi reperti sono giunti a noi. Per tutto il resto, il condizionale: i dettagli sono in corso di definizione, a fine mese finalmente potrò recarmi a Brescia e solo allora ci renderemo conto di come prenderà forma il percorso.

«Nike Metafisica»: la scultura in cemento che riprende la Nike di Samotracia, ma con  testa da manichino dechirichiano
«Nike Metafisica»: la scultura in cemento che riprende la Nike di Samotracia, ma con testa da manichino dechirichiano
A proposito di stratificazione: un magistrale esempio lo si vede nel Museo di Santa Giulia (a pochi passi dalla location della sua mostra), con le Domus romane, i resti longobardi e romanici, sino al coro della Monache quattrocentesco... Esattamente. Lavoro da molti anni sui temi dell’antico, ma le mie opere sono sempre state esposte in contesti caratterizzati da estrema contemporaneità fisica e architettonica. Per questo ciò che rende speciale questo progetto, che più mi fa piacere ma anche un po’ paura, sarà vedere questi oggetti fare un percorso nel tempo, osservarli mentre tornano «a casa» e dialogano con la medesima stratificazione che li costituisce.

Un ritorno «a casa» che vale anche per lei. Come si fa partire da Brescia ed arrivare a lavorare con Lady Gaga, Cate Blanchett, Cindy Sherman, Natalie Portman, Catherine Deneuve, Bianca Jagger o Anita Ekberg? Fondamentalmente con la curiosità. Mi ritengo molto fortunato. Considero queste persone star eccezionali e, al di là della performance della loro identità pubblica, in loro ho sempre colto la ricerca di autenticità dietro all’inevitabile sovrastruttura dell’apparenza. Per me Cindy Sherman (che nel 2015, diretta da Vezzoli, ha interpretato Maria Callas, ndr) rappresenta la storia dell’arte; Lady Gaga (che nel 2009 ha performato con Vezzoli al gala per il 30° anniversario del Museo di Arte contemporanea di Los Angeles: lei suonava un pianoforte ricoperto di farfalle, lui ricamava all’uncinetto, ndr) il futuro.

La dialettica artistica funziona un po’ come le dinamiche sentimentali: qualcuno mi ha risposto sì, altri no. Se i sì sono noti... i no quali sono stati? Michelangelo Antonioni, ad esempio. Chi gli era vicino ha ritenuto che la mia sensibilità non si abbinasse alla sua. O Dino Risi, con cui ci siamo parlati al telefono ma non ci siamo capiti. Ed è giusto così. Oggi invece dialogo con Nerone, Caracalla, Caligola...

Oltre a quello bresciano, quali altri progetti all’orizzonte? A Londra, al Museo Pecci di Prato... È un work in progress. I progetti ci sono, le istituzioni pure; ma qualcosa in me è cambiato. Il Covid non ha decretato l’impossibilità di fare arte, tuttavia ci ha posto di fronte a una drammaticità che ha spostato in secondo piano un certo tipo di masturbazioni culturali; ed è chiaro che il peso specifico di un’idea, oggi, appaia ben diverso da quello che poteva essere prima. L’ago della bilancia si è spostato ed io, personalmente, ritengo di voler offrire al pubblico qualcosa di molto diretto, essenziale, concreto, privo di arzigogoli. È una forma di rispetto verso un mondo che ha subito un cambiamento d’intensità emotiva.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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