Vezzoli, bloccata la «sua» chiesa sconsacrata
Un’opera monumentale: una chiesetta sconsacrata in Calabria smontata pietra per pietra e rimontata a New York, nel cortile del museo MoMA PS1 a Queens: l’ultima provocazione di Francesco Vezzoli aveva fatto i conti senza l’oste. Il carico con i pezzi dell’edificio è stato bloccato dalla soprintendenza, con la magistratura italiane determinate a stabilire se l’artista bresciano stesse cercando di esportare pezzi di valore culturale senza autorizzazione: un reato passibile di una condanna fino a quattro anni di prigione.
«Tutto d’un tratto il progetto è esploso. Mi sono come sentito colpito da un tornado», ha detto Vezzoli al New York Times dalla sua casa milanese: «Sono in stato di shock». Il progetto era nato tempo fa quando, surfando sul web, l’artista si era imbattuto nella chiesetta in rovina a Montegiordano in provincia di Cosenza: scoperto che apparteneva a un privato Vezzoli aveva deciso di acquistarla e di includerla nel percorso della sua restrospettiva nomade battezzata «La Trinità»: quindici anni di carriera, declinati attraverso tre concetti chiave in tre grandi musei del mondo. Arte, Religione e Glamour, rispettivamente al Maxxi di Roma, al Ps1 di New York e al MoCA di Los Angeles. Il blocco all’esportazione ha lasciato il direttore di PS1 Klaus Biesenbach con le mani nei capelli: il museo di Queens aveva già annunciato l’arrivo della mostra «La Chiesa di Vezzoli» e adesso è costretto ad architettare nuove idee.
L’artista bresciano è abituato a fare polemica con le sue creazioni che intrecciano arte e religione: nel 2011 da Gagosian, la sua rassegna intitolata «Sacrilegi» includeva immagini di Madonne in lacrime con il volto sovraimposto di supermodelle compresa Cindy Crawford. Stavolta però i problemi sono diversi: «Mi hanno avvertito che sono al centro di una indagine penale», ha detto l’artista. Vezzoli ha raccontato al New York Times di avere avuto la benedizione del sindaco di Montegiordano quando ha smontato la chiesetta al centro della vertenza: «Cadeva dalla collina. Quasi quasi, ci sembrava che gli facevamo un favore». Il processo di smontaggio era andato avanti per mesi quando a metà ottobre un passante aveva protestato col Ministero della Cultura e il soprintentendente Francesco Prosperetti aveva bloccato i lavori: «In base alla legge italiana - ha spiegato al New York Times - il proprietario deve chiedere il permesso per rimuovere elementi decorativi da qualsiasi edificio storico». Ma anche se Vezzoli riuscirà a convincere le autorità della sua innocenza e di aver agito in buona fede, «lo show è finito», ha detto Massimo Sterpi, l’avvocato dell’artista. Secondo Vezzoli una decisione non arriverà che tra tre o quattro mesi: «E anche se vinciamo, sarà una vittoria di Pirro».
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