Cultura

Una luna bugiarda per Martin Bora

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Torna in edizione Sellerio «Luna bugiarda», secondo romanzo - in ordine di scrittura, ma quinto temporalmente - della fascinosa saga giallo-storica di di Martin Bora, l’ufficiale tedesco della Wehrmacht che all’occorrenza si trasforma in detective. Siamo nel 1943, e lui è a Lago, un paesino del Veronese, sofferente per la perdita della mano sinistra dovuta ad un attentato di partigiani e chiamato a indagare sull’omicidio avvenuto nella sua villa di campagna di un avvocato «eroe del fascio».

Sfuggito alla sacca di Stalingrado, che lo ha ulteriormente segnato dentro (è un soldato e come tale si comporta, ma non è un nazista), tornato dal fronte russo dove ha visto sanguinosamente consumarsi il mito dell’invincibilità del Reich, vittima di un’infezione non curata che gli causa febbre e lo fa vivere a tratti in una dimensione fra l’onirico e l’allucinato, Bora non crede alla teoria del pomposo centurione repubblichino De Luca (figura come altri fascisti che l’autrice non ha affatto in simpatia) che l’assassina sia la moglie, personaggio ricalcato sulle attrici dei telefoni bianchi, e scopre piuttosto che il defunto era un farabutto, seduttore di giovani serve ed usuraio. Lo affianca nelle indagini l’ispettore italiano Sandro Guidi, in un rapporto dagli esordi non facili per via dell’armistizio dell’8 settembre (e per di più il poliziotto subisce il fascino della fresca vedova), ma che ritroveremo vivo e rafforzato a Roma nel successivo «Kaput mundi».

Per chi scrive, «Luna bugiarda» è uno dei migliori romanzi della saga di Bora, intenso, psicologicamente ben strutturato, coinvolgente, dal buon plot giallo. L’ho riletto con estrema attenzione, convinto che l’incupimento di Bora, inviso alle SS perché non perseguita gli ebrei (anzi, se può li aiuta), di fronte a tragedie e infamie viste in Russia, descritto l’anno scorso in «Il cielo di stagno», avrebbe costretto la Pastor a modificare in alcuni punti il testo per restare nel nuovo clima, ma non è così: a parte lievi ritocchi cronologici e qualche nome di luoghi russi, il romanzo e persino la postfazione dell’autrice sono nati già perfetti nel 2002, financo le descrizioni di Bora «dentro». Un uomo irreprensibile ed integerrimo immerso in un mondo sempre più in sfacelo materiale e soprattutto morale.

Non credevo all’editor Sanvito, il quale mi ripeteva che Ben Pastor ha in mente con estrema precisione l’intera saga: ebbene, ammetto che ero in errore...

Marco Bertoldi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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