Cultura

Un uomo da copertina: la metafisica surreale di Shout

Le illustrazioni di Alessandro Gottardo, in arte Shout, in mostra a Brescia alla Galleria dell'Incisione
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Surreale, metafisico? «Preferisco metafisico, ma la mia parte surreale è quella che ha più mercato». «Accordiamoci su "metafisica surreale" e non se ne parli più». «Ok».

Alessandro Gottardo è un uomo da copertina, anche se non ne avete mai visto il volto. Vive a Milano, ha 37 anni e ultimamente si è imposto come uno dei principali illustratori italiani, con un’attività sbilanciata verso gli Stati Uniti («Rappresenta l’80% del mio lavoro») e limitata in Italia («Più o meno il 5%, è una questione di budget»). Di là The New York Times, The New Yorker, The Washington Post, di qua L’Espresso, Internazionale o case editrici come minimum fax e Einaudi (sono sue le ultime copertine delle ristampe di Raymond Carver). Aggiungete Le Monde, The Economist e Time all’elenco per comprenderne meglio il successo: «Ho iniziato a illustrare nel 2000, ma nel 2005 ho scelto il nome d’arte Shout e ho iniziato a propormi all’estero con uno stile nuovo, più concettuale. Volevo mettere l’idea al centro, lo stile è diventato minimale di conseguenza». E lo stile è piaciuto, e piace ancora.

In questi giorni è uscito «On Shout», volume che ripercorre gli ultimi quattro anni di carriera. Alcune di queste immagini, nate con carta e matita e svilppate al computer, saranno visibili da oggi al 30 gennaio alla Galleria dell’Incisione (via Bezzecca 4, dal martedì al venerdì 17-20), in una personale che rappresenta un ritorno in città, dopo una prima volta nell’epoca pre-Shout, sempre all’Incisione.

«Il passaggio in galleria è un momento molto importante, mi serve a capire la reazione delle persone davanti ai miei lavori». Dall’illustrazione all’emozione: le sue immagini, in cui tornano spesso elementi come l’acqua e la casa, rimandano sempre a un altrove. «A volte è un gioco onirico, c’è dell’ironia surreale, altre volte elimino i concetti di spazio e tempo, sfociando nel metafisico». I riferimenti? Matticchio, Mattotti, Giacobbe, Toccafondo e Scarabottolo. «C’è una scuola dell’illustrazione italiana che ha in comune una certa atmosfera. Io spero di esserne l’alfiere nel mondo».

Emanuele Galesi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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