Tony Hadley a Brescia, «la città del mio amico Fausto Leali»
Anche le grandi voci, anche le emozionanti voci di velluto vanno protette. Lo sa bene Tony Hadley, 61 anni, da Londra. Già leader della new romantic band Spandau Ballet, che conquistò le classifiche negli Anni Ottanta, oggi solista. Che ci risponde dalla propria casa di Oxford. «Qui c’è un sole bellissimo, ma ho un terribile raffreddore», racconta, tossendo. Il suo concerto nel bresciano al Gran Teatro Morato di venerdì 17 dicembre alle 21.15 (biglietti sono già in prevendita su ticketmaster.it, su ticketone.it e nei punti vendita «fisici» di ZedLive) sarà acustico e antologico.
In scaletta canzoni degli Spandau Ballet, brani tratti dal repertorio da solista del vocalist britannico, e «almeno una cover dei Queen». Ma non solo. La veste sarà acustica. Il suo live sarà a ridosso di Natale.
Grazie alla sua voce calda c’è da aspettarsi che il Morato venga avvolto dall’atmosfera soffice e rarefatta tipica delle festività?
Penso proprio di sì. In realtà, in scaletta non mancheranno canzoni natalizie. Come «White Christmas». Poi, tutti i maggiori successi. Ho anche intenzione di sperimentare un paio di pezzi nuovi.
Sta quindi lavorando a un nuovo album, successore di «Talking To The Moon», del 2018?
Se non avessi il raffreddore sarei in studio proprio in questi giorni. Sì, con la mia band e il mio produttore sto ultimando un nuovo lp. Sarà carico di canzoni «formato-inno», ma anche di ballad. Devo concludere alcuni testi, incidere qualche voce. Poi il tutto andrà mixato. Spero che possa uscire verso settembre 2022. Non ho un titolo certo, ma c’è un brano che mi piace molto, ed è «Best Days Of Our Lives». Parla della serenità di una coppia matura, con i figli che sono usciti di casa, e una vita davanti, da condividere.
Parecchie cose la legano all’Italia. A partire dal featuring che Caparezza le chiese per il ritornello del brano «Goodbye Malinconia», inserito nell’album del 2011 «Il sogno eretico»...
Ma io sono anche amico del bresciano Fausto Leali. Con lui ho duettato sul classico soul «When A Man Loves A Woman». È un vero rocker. Ricordo ancora il giorno in cui lo registrammo. Dopo il lavoro in studio, un fantastico pranzo italiano concluso con un bicchiere di grappa.
Nel 2009 aveva avuto luogo una reunion degli Spandau Ballet. Poi lei uscì dalla band otto anni dopo, venne rimpiazzato, ma la nuova formazione non durò molto. C’è qualche piano circa un nuovo ricongiungimento?
No, non accadrà. So di dare un dispiacere ai fan. E, in realtà, la persona meno felice della situazione che si è creata sono io. Non ho mai parlato esplicitamente di quello che è successo. Forse, un giorno lo farò. Diciamo che il resto del gruppo ha avuto un pessimo comportamento nei miei confronti.
Negli Anni Ottanta, per inquadrare band come gli Spandau Ballet o i Duran Duran, fu coniata l’espressione new romantic. Le piacque, all’epoca, quell’etichetta?
Non ho mai avuto problemi con la definizione «new romantic». Anzi, chi la coniò ebbe in realtà un’idea geniale. In grado di catturare un certo approccio alla musica e alla cultura pop di alcune band di quel periodo.
In scaletta, a Brescia, sono previste canzoni provenienti da svariati momenti della sua carriera. Quando le canta, le suscitano emozioni diverse?
In realtà non particolarmente. Una bella canzone resta tale, negli anni. Penso a «Through the Barricades», che di certo è il brano più atteso nei miei concerti. Ogni volta che lo canto, mi emoziono ancora. In generale, esibendomi in veste acustica, alle canzoni che proporrò verranno dati più spazio e più aria, proprio grazie all’assenza di strumenti «invasivi». Ci sarà anche più margine per l’interpretazione, e per la creazione di quell’atmosfera speciale, che proprio il Natale richiede.
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