Cultura

Techetechetè, la trasmissione che crea dipendenza

La trasmissione fatta con gli spezzoni della tv del passato continua a conquistare nuovi spettatori: ormai è un fenomeno
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Otto edizioni, 574 puntate, oltre 430 ore di trasmissione, uno share che si riconferma tra i più alti della televisione italiana - lunedì è stato il programma più visto di tutta la giornata, con oltre 4 milioni di italiani davanti alla tv e il 22% di share - due ideatori, Elisabetta Barduagni e Gianvito Lomaglio, e uno staff che sfiora le venti unità. 

Sono questi i numeri di Techetechetè, il programma di video frammenti nato nel 2012 per raccontare a puntate la storia della musica e della televisione italiana, in onda su Rai 1 fra il telegiornale delle 20 e la prima serata. 

La trasmissione deve il suo nome a Rai Teche, l'archivio completo del materiale prodotto e trasmesso dalla televisione di stato in tutta la sua storia e da cui vengono riesumate scenette, canzoni, video ed interviste che montate danno vita alle puntate, incentrate su temi specifici e costruite con una cura certosina per i dettagli.

«Ogni puntata è frutto di un lavoro accurato e preciso che dura anche quattro giorni - aveva dichiarato Barduagni in un'intervista a Millecanali -. Per prima cosa bisogna fare ricerche incrociate per reperire il materiale che ci interessa nell'archivio Rai, poi si procede al montaggio. Ogni puntata è diversa perché porta il marchio di chi l'ha confezionata, che è poi la stessa persona che ha scelto il titolo, l'argomento, ogni scena, e che presta la voce fuoricampo. A volte capita che ci aiutiamo a vicenda, trovando nella nostra ricerca anche materiale che interessa ai nostri colleghi: insomma ci divertiamo da morire».

Ogni stagione ha un titolo generale diverso. Nel 2012 era «Il nuovo che fu», seguito da «Vista la rivista» nel 2013, «Viva la gente» nel 2014, «Con tutti i sentimenti» nel 2015, «Vorrei rivedere» e «Stasera con noi» nel 2016 e «Il meglio della Tv» per il 2017 e il 2018 (l’anno scorso ci fu anche un’edizione invernale, senza titolo).

La trasmissione è diventata un fenomeno. E se non bastassero i dati degli ascolti si possono leggere i numerosi commenti sui social, dato che #techetechete raccoglie decine di post fra Twitter e Facebook. Da una parte ci sono gli eterni nostalgici, che associano inevitabilmente una canzone ad un periodo della loro vita e ringraziano il programma per questo ritorno alla giovinezza, tra chi confessa di aver cantato a squarciagola un pezzo che ascoltava ogni anno in spiaggia da ragazzino e chi ammette di aver pianto come un bambino.

Dall'altra anche i giovani e giovanissimi affascinati davanti a canzoni, interviste, vestiti, costumi di scena e video di repertorio, ma anche acconciature e stili di comunicazione, in un'alternanza fra colori e bianco e nero che ha il potere di stupire. Poi, certo, non mancano i momenti in cui ciò che si vede appare teneramente ridicolo, tanto da piacere. Fa parte del gioco, come insegna Orrore a 33 giri.

In molti casi, comunque, il passato che ritorna sui nostri schermi ha una forza travolgente. In questa stagione, la puntata su Mia Martini è stata da pelle d'oca, così come rivedere Dalida che canta «Ciao amore, ciao» con le mani che tremano. Per non parlare del confronto a distanza tra Patty Pravo e Amanda Lear, con un montaggio gentile e accurato: ogni filmato, a prescindere dall'argomento, offre spunti per andare a scavare nella storia dei protagonisti, ricostruendo carriere artistiche e vicende umane ormai lontane.

È interessante vedere dunque come una trasmissione che ricicla gli spezzoni della grande tv degli anni '60, '70, '80 e '90 abbia il potere di raccogliere in media il 17% di share a stagione, eclissando periodicamente la concorrente Mediaset nella fascia che anticipa la prima serata. Tra gli spettatori crea dipendenza, alla lunga. C’entrano la nostalgia, il piacere di ritrovare avvenimenti e personaggi rimasti inghiottiti da un mondo cambiato molto rapidamente. E forse anche l’effetto blob, il lasciarsi trascinare dal flusso (di coscienza) delle immagini aspettando la sorpresa successiva, il collegamento inaspettato. Certo, senza l’ironica e crudele cattiveria della trasmissione di Ghezzi. Sembra incredibile, comunque, ma tra un po’ rivedremo anche la tv di questi anni, di quest’anno, con un certo rimpianto. C’entra il tempo che passa, e non l’ha mica inventato techetechetè, ma ha trovato un ottimo modo per farlo fruttare.

 

 

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