Taverna: «Suonare con Romanovsky è facile e complicato»
Questa sera, venerdì, alle 20 al Teatro Grande, in città, serata inaugurale del 59° Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo (al Teatro Donizetti, la stessa serata è avvenuta ieri sera) dal titolo «Novecento suite». Protagonista la Filarmonica del Festival, diretta da Pier Carlo Orizio, solisti i pianisti Alessandro Taverna ed Alexander Romanovsky.
In programma: Benjamin Britten: Concerto in Re maggiore per pianoforte e orchestra op. 13, solista Taverna; Sergei Rachmaninov, Rapsodia su un tema di Paganini, per pianoforte e orchestra op. 43 (solista Romanovsky); Francis Poulenc: Concerto per due pianoforti e orchestra FP 61, solisti Romanovsky e Taverna. Il Concerto di Britten (1913-1976) è un unicum e quasi sicuramente non è stato mai eseguito né a Brescia,né al Festival. Difficilissimo, come tutte le opere pianistiche di Britten (ottimo pianista e considerato come uno dei massimi compositori inglesi), il Concerto, di rara esecuzione, è affidato all’esperto Alessandro Taverna, frequente ospite del Festival, come anche Romanovsky.
A Taverna, vincitore di importanti concorsi pianistici (fra cui Leeds 2009) ed impegnatissimo, abbiamo rivolto qualche domanda per telefono.
È la prima volta che lei suona il Concerto per due pianoforti di Poulenc?
Sì, è la prima volta per me e anche per Romanovsky, cui mi lega un’amicizia di vecchia data. Ci sentiamo benissimo insieme. Oltretutto abbiamo avuto lo stesso maestro, Leonid Margarius. Il Concerto di Poulenc è complicato per via delle atmosfere, ma è facile far musica insieme, cercare i colori, ed è pure divertente.
E il Concerto op. 13 di Britten? So che lei lo ha suonato con Fabio Luisi.
Sì, a Genova. Ma di recente l’ho suonato a Roma, per Santa Cecilia, al Parco della Musica, con Michele Mariotti.
Il Concerto di Britten (del 1938), poco noto, per lei è speciale?
Lo trovo originalissimo, degno del Secondo di Brahms. È in quattro tempi. Vi si trovano, specie nel primo tempo, echi del Primo Concerto di Prokoviev, sa, specie per lo stile toccatistico... si chiama Toccata. È un continuo dialogo fra pianoforte e orchestra. Sì, è virtuosistico. Ma è veramente di soddisfazione.
Britten e Poulenc erano amici, ed erano entrambi eccellenti pianisti, ma, come compositori, molto diversi. Cosa dice della scrittura di Poulenc?
In Poulenc si sente Mozart, ma si sentono anche la Francia dell’epoca, il jazz... Fra i due Concerti non si possono fare paragoni. Il Concerto di Britten è solistico, quello di Poulenc è divertente, ma è piuttosto... cameristico. Quest’ultimo è conosciuto, perché é poca la letteratura originale per due pianoforti. Perciò si tende ad eseguire i Concerti di Mozart, di Poulenc... quelli che sono originali. Poi, tutto il repertorio del ’900 è vicino alla mia sensibilità, alla mia indole, al mio carattere.
Dopo il Festival dove andrà?
Prima a La Spezia per un concerto cameristico, poi a Dubai a suonare con i Berliner Philharmoniker. Farò musica contemporanea, del compositore maltese Shor.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato