Cultura

Sul lungolago d'Iseo quegli amanti tra mito e richiamo della luna

Sabato c'è stata l’inaugurazione di «Doppio sogno», la mostra personale dell'artista siciliano Giacinto Bosco
  • La mostra Doppio sogno sul lungolago di Iseo
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Le radici calate nel mito, lo sguardo rivolto alla luna, il riflesso specchiato nelle rive del lago. D’Iseo. Sono le 40 sculture in bronzo dell’artista siciliano Giacinto Bosco (Alcamo, TP, 1956), in mostra da oggi fino a settembre nel capoluogo sebino, nel contesto della mostra personale «Doppio sogno. L’amore tra mitologia e mitografia» (a cura di Angelo Crespi, organizzata dal Comune di Iseo in collaborazione con la Fondazione L’Arsenale, ed i patrocini di Regione Lombardia, Provincia di Brescia e Comunità Montana del Sebino Bresciano).

Lo spettacolo del lago

Dopo l’anteprima stampa di venerdì - con il sindaco Marco Ghitti (che ha sottolineato l’«unicum irripetibile tra comunità, artista, opere e lo stupefacente ed emozionante spettacolo del lago») e il consigliere delegato alla Cultura, Cristina de Llera - l’inaugurazione di ieri, all’Arsenale di vicolo Malinconia 2, alla presenza dello stesso Bosco. È da lì che idealmente parte un percorso «en plein air» che per tutta l’estate vedrà il lungolago ed il centro storico di Iseo punteggiati da sculture di grandi dimensioni - la più imponente è alta 6 metri - di cui la caratteristica primaria parrebbe il contrappunto tra la leggerezza evocata da forme e figure e la possanza del bronzo che le àncora a terra.

Emblema di questo ossimoro per immagini tra forma e resa sono gli «acrobati», saldi nella loro monumentalità nonostante si trovino in bilico su scale a pioli sospese tra terra e cielo, o intenti nell’esecuzione di esercizi d’equilibrio sollevati su sedie e funi. Nella carriera dell’artista - e così anche nella mostra bresciana - spicca il tema della luna. Quest’ultima si ritrova puntuale e riconoscibile in molte opere, in cui figure umane anelano un contatto col satellite terrestre, coppie di amanti si dondolano su altalene appese al cielo o si tengono in equilibrio agli estremi della falce o tentano l’utopica cattura dell’astro. Ne sono un esempio lavori e installazioni come «Ti prendo la luna», «Dondolo», «Luna caprese», «Dialogo con la luna» o «Travolti dalla luna».

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Il senso? La resa di sentimenti atavici, come lo stupore di fronte all’astro notturno cantato da poeti di tutte le epoche - da Ariosto e Leopardi a Borges - e che ispirò musicisti come Beethoven e Debussy. Ad accomunarli era, appunto, l’istinto di cantare alla luna, ed è così che ha avuto origine la serie dei «cantori», con opere come «Suonatore di flauto», «Suonatore di Aulos» o «Rosa fresca aulentissima». C’è poi la riflessione dell’artista sul mito dell’amore che - come nota il curatore nel catalogo che accompagna la mostra (edizione Electa) - «si concentra sulla riscrittura in chiave di mito del sentimento dell’amore. Non c’è però nessuna tentazione archeologica, semmai la rappresentazione in chiave moderna e simbolica del desiderio d’amore».

Ne è un esempio «Viale dei cipressi»: gruppo scultoreo delimitato alla base da alberi, allungato prospetticamente come un trampolino verso il cielo, ove una figura di uomo è intenta a suonare un flauto mentre una donna è nell’atto di scendere verso di lui, attratta da quel suono che non udiamo ma sappiamo esserci. Il riferimento culturale al mito di Orfeo ed Euridice è palese, ma Bosco va oltre e, nel suo intento di attualizzare il mito, pesca da quanto la cultura del XX secolo ha da offrire sul tema. Un esempio per tutti: il film «La vita è meravigliosa» di Frank Capra (1946), con i due protagonisti James Stewart e Donna Reed che canticchiano strofe riferite alla luna («And we danced by the light of the moon / E abbiamo ballato alla luce della luna») e la nota scena «George lassos the moon (George prende al lazo la luna)» quando George/James Stewart chiede a Mary/Donna Reed cosa desidera, lei gli indica la luna e lui promette che gliela prenderà.

Suggestioni e rimandi che, oltre che nei formati monumentali visibili sull’intero lungolago iseano, si trovano esposti «in piccolo» all’Arsenale. Qui, nelle tre stanze al pianterreno, sono visibili i bozzetti e le prove d’artista in bronzo e cera persa che hanno preceduto la sviluppo delle grandi installazioni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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