Successo per l'improvvisazione dei Legnanesi
Colorati, truccatissimi, imparruccati, mostruosi. Circensi, farseschi, bambinescamente scurrili. Professionalmente dopolavoristici, plautinamente sbeffeggianti, autenticamente vox populi. Puri. Sono i Legnanesi, che ieri sera al Palabancodibrescia hanno debuttato con un classico del repertorio di Felice Musazzi, loro capostipite: «Lasciate che i pendolari vengano a me».
Fuori dal tempo e attualissimi, con le loro storie di quotidiana povertà che la crisi fa rinverdire, con il loro parlare di lavori, i più diversi e precari, che gli eroi della famiglia Colombo si adattano a fare per tirare avanti.
Il pubblico (anche quello bresciano di ieri sera, non foltissimo) li aspetta: la Teresa il Giovanni e la Mabilia, ma anche la Pinetta, la Carmela, la Mistica. E poi i «boys» della rivista, le scene che pescano dal circo di Fellini e da quello di Moira Orfei.
C’è una coerenza di fondo nelle scelte di questa compagnia, una loro poetica, come dire che ci vuole intelligenza per fare gli scemi, pardon i comici. Bisogna essere pronti a cogliere l’attimo per dilatare la comicità dei copioni e coinvolgere il pubblico, che sia la piuma rossa che cade dal cappello di struzzo della Mabilia e che la Teresa prontamente raccoglie («Siamo in autunno...»), o la parrucca della Pinetta che si è stortata e che la Teresa risistema a vista, o la presenza di una bambina in prima fila, con la quale dialogare («Quanti anni hai? Otto. Lo sai che sei già piena di debiti?»).
La purezza dei Legnanesi richiede animi semplici fra il pubblico, disposti a lasciarsi andare, a ridere come al giorno d’oggi capita sempre meno di fare, un tempo era diverso.
La storia di un’acqua miracolosa zampillata nel cortile dei Colombo per una fortuna tanto improvvisa quanto effimera, o della Pinetta (ancora lei) venduta ad un arabo per una cifra che si rivela irrisoria, sono pretesti per improvvisare sui temi eterni di questa storica compagnia: la miseria, le chiacchiere e l’invidia delle abitanti del cortile, le bevute del Giovanni, il suo tentativo afasico di spiccicare qualche parola. Ma gli umili da sempre non hanno parola né voce, e l’ignoranza finisce per essere gabbata.
C’è aria di pulito in queste storie, aria di casa, di popolo. E c’è tanto teatro, tanto cerone, tanti lustrini, tanti colori. Negli anni i Legnanesi sono cresciuti senza snaturarsi, senza pretendere di essere altro da quello che sono. Il pubblico li ama così. Adesso li trovi spesso in televisione, su canali nazionali, ma casa loro è il palcoscenico, è lì che l’arte della Teresa, della Mabilia, del Giovanni e di tutti gli altri sprigiona vita. Pazienza se i tempi si dilatano e alcune scene sembrano infinite. I Legnanesi non conoscono l’arte della sintesi, ma quella del gioco, e dopo tanti anni si divertono ancora a giocare. «Andate a teatro, il teatro è vita!», raccomanda la Teresa al pubblico, soprattutto ai più giovani. Lo spettacolo si prolunga poco oltre la mezzanotte, chi scrive ha potuto vedere solo il primo tempo. Chi è rimasto fino alla fine, riferisce di applausi e chiamate ripetute. Come ogni volta che si apre il sipario per loro, da tanti anni.
«Lasciate che i pendolari vengano a me» replica al Palabancodibrescia, via San Zeno 168 in città, questo sabato alle 21 e domenica alle 16. Biglietti da 40 a 20 euro , più prevendita. Riduzioni per over 65, under 14, pubblico organizzato e gruppi. Informazioni: 030.348888; oggi dalle 16 alle 19 e un’ora prima dell’inizio degli spettacoli.
Paola Carmignani
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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