«Strange Attractors», l’arte interplanetaria approda in piazza Tebaldo Brusato
Gli «Strange Attractors» approdati nelle sale di APalazzo Gallery sono tantissimi. Una bella occasione per Brescia: mai una mostra collettiva nella galleria di piazza Tebaldo Brusato aveva ospitato così tanti artisti, ventuno, principalmente americani, con qualche incursione europea.
Una mostra che rientra nel solco delle ultime decisioni della realtà espositiva cittadina, che alle mostre curate internamente affianca quelle affidate a curatori esterni. Bob Nickas, anche scrittore e critico statunitense, è la persona alla quale è stata affidata questa «The Anthology of Interplanetary Folk Art», terza tappa di un progetto più ampio. Questo, infatti, è il «Vol. 3: Lost In Space»: prima di Brescia c’erano state Los Angeles e New York.
Il vernissage
Nickas era presente ieri alla vernice, insieme con alcuni degli artisti: David Adamo (autore di una serie di piccole sculture iper-realistiche in ceramica, appoggiate qua e là in maniera naturale, da un palloncino alla buccia di un mandarino); Nikholis Planck (suo l’ambiente suggestivo con opere in carta che filtrano la luce); Nicolas Roggy (con opere dipinte e poi assemblate); Tillman Kaiser (i cui lavori figurativi tra l’astratto e il concreto, con tecnica tradizionale, ne tradiscono le origini viennesi); e infine L, con boccioni pieni d’olio denso e suggestivi oggetti che punteggiano la galleria, come piccoli riti di buon auspicio, una magia positiva raccolta sotto il titolo «Spell».
Gli artisti
Ventuno in totale sono però, come detto, gli artisti che arricchiscono la galleria con una o più opere ognuno, creando un magnifico dialogo a contrasto tra le opere prettamente contemporanee e gli ambienti antichi. Affascinante l’intuizione della newyorkese Kathleen Ryan, il suo «Bad lemon» ammuffito eppure raffinatissimo, grande scultura in polistirolo ricoperta di perle e pietre preziose.
Raffinato anche il calco del ventre gravido di Davina Semo, opera intima e universale per parlare di maternità, fertilità e vita. Justin Matherly porta qui sculture che attingono dall’antico; Sally Ross tele materiche che sfociano nelle tre dimensioni; il duo croato TARWUK sculture realizzate con materiali stravaganti, dai titoli che parlano delle sensazioni della creazione; Huma Bhabha e il marito Jason Fox dialogano con due sculture installative; Christopher Myers, afroamericano, offre opere tessili con forti contrasti; e poi Gert&Uwe Tobias, Yuji Agematsu, Ryan Forester, Jason Fox, Arnold J. Kemp, Servane Mary, John Miller e Frederick Weston, morto di Aids, con un collage acquatico. E Barry X Ball, la cui scultura in marmo «Sacristan» domina e sorveglia la sala centrale.
Dalla Luna alla Terra
Interessante è anche la genesi della mostra collettiva, che suo malgrado è divenuta un intreccio di presente e passato: concepita inizialmente per essere allestita nel 2020, «Strange Attractors» si ispirava allo sbarco sulla Luna per raccogliere una serie di opere d’arte da lanciare idealmente nello spazio, per avviare un dialogo con chiunque esista là fuori. Ora, invece, le opere sembrano essere riapprodate qui, sulla Terra, sul pavimento e sulle pareti, dopo aver vissuto un periodo di stasi e straniamento. Emblema di ciò è l’astronauta di John Miller, accasciata al centro di una delle sale, stremata dall’atterraggio.
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