Severgnini arriva a Brescia con lo spettacolo sui social network
È uno spettacolo «in progress», modificato attingendo agli spunti forniti dall’attualità, quello che Beppe Severgnini proporrà venerdì 20 settembre al festival LeXGiornate.
Il giornalista cremasco, firma del Corriere della Sera, sarà alle 21 nell’auditorium San Barnaba, in città, insieme al cantautore e pianista Carlo Fava per un incontro tra riflessioni e canzoni dal titolo ironico: «Lo zen e l’arte della manutenzione dei social» (biglietti acquistabili sui siti fondazionesoldano.com e vivaticket.com).
Severgnini, perché uno spettacolo sui social?
Perché sono talmente centrali nella nostra vita che ero stupito che non fossero ancora approdati in teatro. Mi sono poi accorto che nel repertorio di Carlo Fava, con cui ho già lavorato, ci sono canzoni perfette sul tema. Ne ha scritta una dedicata a Facebook già nel 2008... Ha attinto a questi pezzi, aggiungendo due inediti. Uno di essi, «Il complottista», è un omaggio dichiarato al «Conformista» di Gaber.
La manutenzione dei social spetta ai cittadini o alla politica?
Prima di tutto a noi, perché alcuni li usano in maniera sconsiderata. L’uso pericoloso per un adolescente consiste nel vederli come modelli di perfezione e bellezza. Tra gli adulti troviamo aggressività, diffamazione, o persone anche equilibrate che perdono sui social due o tre ore al giorno. Non esiste, meglio andare in Val Camonica o sul Garda! Poi viene la politica: nello spettacolo spiego che non potrà per sempre disinteressarsi e ritenerli una zona franca.
Quello che è reato offline deve esserlo anche online?
Con l’arresto di Pavel Durov, il fondatore di Telegram, la Francia ha deciso di intervenire. Hanno detto: abbiamo leggi su tutto e qui c’è uno strumento con cui si può fare pedopornografia, traffico d’armi... Elon Musk può raccontare che quello è un attacco alla libertà, ma non è vero. È come se uno girasse armato per Brescia e dicesse: la mia libertà è sparare ai piccioni con un bazooka.
Molte libertà sono favorite dall’anonimato.
Sono temi che ho seguito a lungo. Una ragazzina viene diffamata da account anonimi e i genitori non riescono a difenderla perché non si sa chi c’è dietro. Devi scrivere in Irlanda a Meta, la proprietaria di Instagram e Facebook, con la speranza che chiudano quell’account. Lo fanno dopo qualche mese, senza conseguenze, e chi lo gestiva ne riapre un altro dopo tre minuti. La collaborazione delle piattaforme è poca, anche se con l’Intelligenza artificiale qualche automatismo è migliorato: se posti una foto di Hitler ti bloccano l’account.
È difficile tracciare un confine tra libertà d’opinione e libertà d’insultare?
Lo sostengono gli americani, ma per me non è così: qui vale il Codice penale. Se scrivo su un giornale qualcosa di sgradevole su un personaggio noto, vengo querelato; se faccio lo stesso sui social, dove potenziamente tutto il mondo può vederlo, non succede niente. È talmente assurdo che è difficile spiegare come abbiamo potuto accettarlo. Ma le piattaforme, nel momento in cui passa l’idea che hanno una responsabilità sui contenuti, perdono il perno del loro business.
Lei riceve molti attacchi online? Come risponde?
La parte forse più divertente dello spettacolo è quella in cui spiego come ho imparato a metabolizzare queste cose. Non è stato immediato, ma alla fine ho capito che molte di queste persone non sono i mostri che vogliono sembrare: è gente sola, delusa, frustrata, arrabbiata. Racconto di un mio commento sulla guerra in Ucraina per il quale ho ricevuto migliaia di risposte, alcune molto aggressive. Ne leggerò una settantina, accompagnato da Carlo Fava al pianoforte come i vecchi cantanti da night club.
Qual è il futuro dei social?
Sono convinto che il picco lo abbiamo visto e stiamo già facendo qualche passo in discesa. Come faccio a dirlo? Non lo so. Alla mia età, posso dire però che questi cambiamenti li ho beccati quasi tutti, dall’arrivo di Internet ritenuto una moda passeggera al wireless di cui si diceva che non serviva. Di solito su questi temi ci piglio. Sulla politica no; sull’Inter solo recentemente.
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