Cultura

Settembre, il mese dei festival: 11 libri consigliati dalla redazione

Da Festivaletteratura di Mantova e Librixia, saranno settimane fitte di eventi per gli amanti della lettura. Alcuni libri che ci sono piaciuti
Uno dei banchi dei libri nel tendone di Librixia in piazza Vittoria - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
Uno dei banchi dei libri nel tendone di Librixia in piazza Vittoria - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Settembre, gli amanti della lettura lo sanno bene, è il mese dei libri per eccellenza in Italia, con i festival che si susseguono uno dopo l’altro. 

Da nord a sud le città si riempiono di gazebo per gli incontri, le piazze straripano di gente che vaga tra bancarelle affollate di ultime uscite e volumi di seconda mano. Se si vedono lunghe code fuori da una sala civica sai per certo che è in arrivo un personaggio grosso, i capannelli possono essere solo un firmacopie o un assalto benevolo allo scrittore preferito.

Sono bellissimi i festival dedicati alla letteratura. Perdonate la banalità dell’espressione, ma quell’atmosfera di coinvolgimento quasi magica che si vive per le strade, e che si cerca ostinatamente di portare a casa nelle borse di tela con il logo del festival piene di libri, sono un’esperienza quasi di rito da ripetere ogni anno, perché altrove non si trova, se non al Salone del Libro di Torino, che però è in un altro momento.

In questa puntata della rubrica mensile ve ne suggeriamo quattro, insieme agli undici libri del mese letti dalle redattrici e dai redattori del Giornale di Brescia e che probabilmente troverete alle bancarelle di questi festival.

Se non siete soddisfatti o soddisfatte, trovate altre cose da leggere che ci sono piaciute nell’uscita di agosto. Noi ci risentiamo a ottobre, entro il 14, ma se intanto volete farvi vivi voi con qualche suggerimento o richiesta, potete scriverci una mail o sui social.

  1. Festivaletteratura: si tiene a Mantova dal 7 all’1 settembre, è uno dei più celebri e amati di sempre. Qui tutte le informazioni.
  2. Festival della Comunicazione: dall’8 all’11 settembre a Camogli, Liguria. Nasce nel 2013, c’entra Umberto Eco ed è diventato punto di riferimento per il dibattito intergenerazionale sull’attualità. Qui il sito.
  3. Pordenonelegge: è in Friuli, Pordenone, dal 14 al 18 settembre e anche questo è appuntamento molto apprezzato, in scala più ridotta rispetto a Mantova ma con nomi di punta. Li trovate qui.
  4. Librixia: giochiamo in casa, dal 24 settembre al 2 ottobre. La Fiera del Libro di Brescia si terrà come ogni anno in piazza Vittoria. Il programma è in via di definizione, lo troverete nei prossimi giorni qui.

«Condominio, addio!»
Enrica Bonaccorti

La copertina di Condominio, Addio!
La copertina di Condominio, Addio!

(Baldini+Castoldi, 2022, pp. 152, 17 euro, ebook 9,99 euro)

Che la leggerezza non sia sinonimo di superficialità, lo dimostra questo spassoso romanzo di Enrica Bonaccorti, una bella lettura per chi cerca tra le pagine (anche) un’occasione per sorridere del mondo. I lettori avevano incontrato il protagonista - Cico, marchese nullafacente, amante dei giochi di parole, che vive senza orologio e senza telefonino - in «Il condominio» (2019). Questo è il seguito della storia, e narra di quando lo schivo nobiluomo e la sua tartaruga Ada trovano alloggio in un Grand Hotel e per caso incontrano altri personaggi (fra cui un «gemello diverso»). La cosa più bella è il buon umore che il libro infonde nel lettore. Ci sono pure una bella dose di riferimenti (dai fumetti alla pittura, dal cinema alla letteratura) e un utile ripassino di espressioni francesi (comme il faut, épater les bourgeois, noblesse oblige, et similia…). Umoristico, intelligente: di questi tempi può giovare alla salute.

(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)

«Adriano Olivetti, un italiano del Novecento»
di Paolo Bricco

La copertina di Adriano Olivetti, un uomo del Novecento
La copertina di Adriano Olivetti, un uomo del Novecento

(Rizzoli, 2022, pp 462, 22 euro, ebook 11,99) 

Adriano Olivetti nasce all’inizio del Novecento, a Ivrea. «Adriano Olivetti è un bambino taciturno, un ragazzo impacciato, un uomo misterioso», scrive Paolo Bricco all’inizio del suo ultimo libro dedicato a uno degli imprenditori italiani più conosciuti e ammirati nel mondo, iniziando così a smontarne un mito fin qui gonfiato da troppe banalità e molta retorica, per poi ricostruirne un altro, non meno appassionato ma sicuramente più originale, attraverso un meticoloso lavoro di ricerca durato dieci anni.

Adriano Olivetti cresce in una dimensione familiare segnata dall’origine valdese della madre, Luisa Revel, e quella ebraica del padre, Camillo. Tra la figura di Adriano e quella di Camillo, inoltre, esiste una complementarietà efficace: il padre è un ingegnere con il culto delle macchine, mentre il pensiero del figlio è sempre rivolto all’organizzazione della fabbrica. Adriano, però, è un personaggio controverso: è influenzato dalla visione socialista del padre, ma per molti anni sposerà la politica fascista, costruendo comunque intorno alla sua azienda una «membrana» fatta di bellezza, cultura, rispetto e cura per la gente della sua comunità. Poco prima della fine della guerra, peraltro, si staccherà dal regime di Benito Mussolini aiutando gli alleati a sconfiggere il nazismo. Ma a sua volta non troverà sostegno dagli americani per il rilancio della sua attività nel periodo post bellico. Adriano Olivetti è un visionario che soffre d’ansia e che nel mondo della politica non avrà mai successo. Adriano Olivetti resta comunque una fonte d’ispirazione per chi guida un’impresa, per chi studia, e, come concorda Bricco «per chi cade e soffre, sbaglia e ama».

(Erminio Bissolotti, redazione Economia)

«Benedetti sondaggi»
di Lorenzo Pregliasco

La copertina di Benedetti sondaggi
La copertina di Benedetti sondaggi

(add editore, 2022, pp. 201, 18 euro)

«Lo dicono i dati» è una frase classica che si sente pronunciare da qualcuno molto convinto di una tesi. Ma cosa succede se quei dati non sono accurati? O se sono stati aggregati e visualizzati in modo tale da mostrare solo un lato del fenomeno e trascurarne altri? «Benedetti sondaggi. Leggere i dati, capire il presente» di Lorenzo Pregliasco, analista politico co-fondatore e direttore di YouTrend, parte da queste domande per spiegare come i dati orientino la nostra percezione delle cose, sia che si tratti di politica, del FantaSanremo o del calcio.

Sapere riconoscere se una mappa o un grafico mentono è qualcosa che dovremmo imparare a scuola insieme a leggere e a contare, perché dei dati non possiamo mai fare a meno. E così saremo in grado non solo di responsabilizzare chi racconta ciò che accade attraverso i dati, ma anche di prendere i sondaggi per quello che sono - un’opinione su qualcosa di un gruppo di persone in quel momento, e non una previsione del futuro  -, capire i perché di cigni neri come la vittoria di Trump nel 2016 o Brexit, e soprattutto potremo accettare l’incertezza che regola il mondo al di là del nostro bisogno molto umano di sapere in anticipo come andrà a finire. Pregliasco spiega tutto questo in modo semplice, alla portata di tutti, basta prendersi qualche ora per dedicargli attenzione. Cosa che, fra l’altro, può tornare molto utile in queste settimane di campagna elettorale.

(Laura Fasani, redazione Web)

«Un bagno nello stagno sotto la pioggia»
di George Saunders
traduzione di Cristiana Mennella

La copertina di Un bagno nello stagno sotto la pioggia
La copertina di Un bagno nello stagno sotto la pioggia

(Feltrinelli 2022, pp. 496, 24 euro, ebook 12,99 euro)

George Saunders è quello scrittore americano di racconti (un genere spesso trascurato anche dai lettori «forti» ma felicemente vivo, vegeto e prolifico) che solo nel 2017, a 59 anni, ha pubblicato il suo primo romanzo, l’irto e struggente «Lincoln nel Bardo». Una prova difficile per l’autore (ipse dixit) e per chi vi s’imbatta ritrovandosi inizialmente spiazzato da una narrazione che chiede di essere parte attivissima, prestando ascolto a decine di voci diverse, orientandosi tra fonti reali e fittizie per mettere insieme le tessere di una vicenda intima e universale insieme.

Ora, da qualche mese, anche nelle librerie italiane c’è «Un bagno nello stagno sotto la pioggia» tradotto magistralmente da Cristiana Mennella per Feltrinelli come gli altri libri dello stesso autore. Non racconti, non romanzo e nemmeno quel che potrebbe apparire al primo sguardo, ovvero un manuale di scrittura creativa. Si tratta infatti di pagine (quasi 500) in cui Saunders trae sì spunto dal corso che tiene alla Syracuse University, ma per invitare alla lettura di sette racconti di quattro giganti della letteratura russa (qui pubblicati integralmente) e subito smontarne, indagarne i meccanismi narrativi, dimostrando come nessuna scelta sia casuale. Anzi: ogni passaggio è carico di senso. Il primo capitolo, dedicato a Viaggio sul carro di Cechov ha effettivamente l’andamento di una lezione (poco convenzionale, a dire il vero), con l’alternarsi di brani del testo e riflessioni del docente. I successivi (su I cantori di Turgenev, Anima cara e L’uva spina di Cechov, Il padrone e il lavorante e Alësa Bricco di Tolstoj, Il anaso di Gogol) riportano l’intero racconto e solo in seguito si soffermano su struttura e descrizioni, personaggi e variazioni.

Ma non è necessario essere degli aspiranti scrittori di short stories per sentirsi coinvolti dalla lettura delle riflessioni di Saunders (che pure utilizza tabelle e grafici e, in appendice, mette tre esercizi a disposizione degli interessati). Perché è vero che qui si parla di tecniche narrative, ma quando si parla di energia efficienza responsabilità rischio rispetto… non si parla “solo” di scrittura. In ballo c’è molto altro. Come del resto promette il sottotitolo del volume: In cui quattro scrittori russi tengono una master class sulla scrittura, la lettura e la vita. Ecco: c’è la vita.

(Francesca Sandrini, vicecaposervizio redazione Cronaca)

«Una vita come tante»
di Hanya Yanagihara
traduzione di Luca Briasco

La copertina di Una vita come tante - Foto © www.giornaledibrescia.it
La copertina di Una vita come tante - Foto © www.giornaledibrescia.it

(Sellerio, 2016, pp. 1104, 24 euro, ebook 14,99 euro)

Ci sono storie che graffiano come cartavetra. Che sollecitano il posto buio dove nascondiamo le nostre malinconie profonde e un’empatia istintiva, che non sapevamo forse neppure di possedere. «Una vita come tante» di Hanya Yanagihara (Sellerio) è un libro come pochi. Potrà non essere un colpo di fulmine, ma arrivati all’ultima pagina sarà difficile lasciarsi senza lacrime. Una complessa architettura narrativa, che a tratti accavalla tempi, cronologie e spazi - anche emotivi - racconta l’amicizia fra Jude, William, Malcom e JB. Ma quello che approccia il lettore come un romanzo di formazione, nel corso delle oltre 900 pagine si trasforma in una splendida epopea del dolore. Quanto ne può sopportare un uomo? Qual è il punto di rottura? Quali abissi nascondono le esistenze degli altri? Yanagihara sembra volerci accompagnare nel precipizio, salvo farci accorgere che, nel nero più nero,  l’amore resta l’àncora che - se non salva - dà senso alla vita che ci è toccato in sorte di vivere.

(Ilaria Rossi, redazione Cronaca)

«Marsiglia '73»
di Dominique Manotti
traduzione di Francesco Bruno

La copertina di Marsiglia '73
La copertina di Marsiglia '73

(Sellerio, 2022, pp. 408, 15 euro, ebook 9,99 euro)

Marsiglia, estate 1973. La seconda città della Francia, bella, caotica e multirazziale, vive mesi difficili. Episodi di violenza anti-araba stanno sconvolgendo gli equilibri sociali. Dieci anni dopo la fine, la guerra di Algeria sembra continui sul suolo francese, alimentata dal risentimento e dalla volontà di vendetta dei pieds noir, gli ex coloni fuggiti dopo l'indipendenza, appoggiati da organizzazioni estremistiche, sotto gli occhi distratti o conniventi delle autorità politiche e di settori della polizia. 

La tensione raggiunge il culmine quando un ragazzo algerino viene assassinato da degli sconosciuti, scatenando reazioni a catena. «Marsiglia '73», fra cronaca e storia, è un bel noir di Dominique Manotti, militante politica e sindacale, docente di economia all'università, autrice di gialli su cospirazioni politiche e finanziarie nella Francia contemporanea. In questo caso, con una scrittura fra romanzo e reportage giornalistico, racconta una pagina buia della Francia nella morsa del razzismo. Un noir inquietante, con relativi vittime, carnefici e investigatori, che si legge con una certa angoscia proiettata sul presente. 

(Enrico Mirani, inviato)

«L’isola del Tesoro»
di Robert Louis Stevenson
traduzione di Lilla Maione

La copertina de L'isola del tesoro
La copertina de L'isola del tesoro

(Feltrinelli, 2019, pp. 287, 9 euro)

Jim lavora nella locanda di famiglia e sogna una vita avventurosa per mare. La sua vita cambia per sempre con l’arrivo di un ospite inaspettato: il pirata Billy Bones, che cerca di nascondersi dai suoi vecchi compagni perché custodisce la mappa di un’isola dove è nascosto un tesoro. Dopo una serie di vicissitudini Jim entra in possesso della cartina e realizza il suo sogno avventuroso, da lì a poco si troverà impegnato in una missione temeraria per recuperare il ricco bottino che il mitico capitano Flint ha seppellito in un’isola dei Caraibi. 

Colpi di scena e personaggi leggendari fanno sì che «l’Isola del Tesoro» sia un romanzo indimenticabile, primo del suo genere e fonte di ispirazione per una poderosa produzione successiva. Il romanzo ha come sfondo la fine della guerra di corsa britannica e dei corsari, considerati fuorilegge dopo la pace di Utrecht; la fine di un’epoca e l’alba della definitiva affermazione dell’Impero britannico come nuova potenza marittima globale. L’isola da par suo non è solo un luogo fisico, ma grazie a Stevenson è diventata lo spazio immaginario di generazioni di lettori e di sognatori. Da isola del tesoro a isola della letteratura. Per gli amanti del genere: la scrittore svedese Bjorn Larsson ha dedicato due romanzi unicamente alla figura di Long John Silver, mentre esiste una serie tv, «Black Sails», che si svolge 20 anni prima dei fatti raccontati da Stevenson ed è dedicata alle avventure del capitano Flint e della sua ciurma.   

(Carlo Muzzi, caposervizio redazione Interni ed Esteri)

«L’Affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus»
di Piero Trellini

La copertina di L'Affaire
La copertina di L'Affaire

(Bompiani, 2022, pp. 1.371, euro 30, ebook 28,50)

Consigliare la lettura di un libro di 1.371 pagine nell’epoca dei cinguettii e delle comunicazioni sempre più essenziali potrebbe sembrare una provocazione. In realtà, lo è. Meglio, è un invito a leggere «L’Affaire. Tutti gli uomini del caso Dreyfus» dello scrittore Piero Trellini per comprendere la complessità di una vicenda che ha generato la definitiva sconfitta dell’ancien régime.

Grandi trasformazioni, sociali e personali, hanno caratterizzato gli anni di fine Ottocento.  

Moltissime le figure coinvolte nel caso giudiziario di Alfred Dreyfus, capitano ebreo ingiustamente condannato per spionaggio. L’aggrovigliata vicenda si trasforma in un viaggio ricco di particolari tra innocentisti e colpevolisti, da Zola a Proust, da Cézanne a Marinetti. Il caso giudiziario è il fulcro, ma anche il pretesto, per una panoramica sull’animo umano, la sua grandezza e la sua meschinità, la sua capacità di manipolare l’opinione pubblica attraverso i nuovi mezzi di informazione.  Le 1.371 pagine vi spaventano? Intanto, nessun capitolo è lungo più di quattro pagine e questo fa scorrere ancor più velocemente la lettura. Poi, c’è un vantaggio: in vacanza dovrete portarvi un solo libro.

(Anna Della Moretta, redazione Cronaca)

«Il profilo dell’altra»
di Irene Graziosi

La copertina de Il profilo dell'altra
La copertina de Il profilo dell'altra

(edizioni e/o, 2022, pp. 240, euro 11,99, ebook 7,90 euro)

Su Instagram ultimamente c’è un abuso del termine «necessario», io stessa mi metto nella categoria di persone che ne fanno un uso spesso non pertinente. 

Però se penso a «Il profilo dell’altra» non mi viene in mente altro termine che lo rappresenti. È duro a volte, perché ci mette davanti a quello che i social hanno combinato nelle relazioni tra le persone, polarizzando spesso la ricerca di valori, per un bene e un «male» sempre più rigidi e standardizzati. Come sono le fazioni che sempre più spesso vediamo schierarsi sui social. O solo contro o solo a favore. Senza via di mezzo, senza indulgenza.

Un intersecarsi di livelli in una trama che si snoda tra l’amicizia/ conoscenza delle due protagoniste, una storia di formazione necessaria per delimitare il concetto di identità in un mondo che sempre di più la frammenta, la storia che ogni ventenne aveva forse un po’ bisogno di sentirsi raccontare. Un romanzo intelligente e senza alibi.

(Arianna Colzi, redazione Web)

«La vita agra»
di Luciano Bianciardi

La copertina di La vita agra
La copertina di La vita agra

(Feltrinelli, 2013, pp. 209, 9 euro, ebook 6,99 euro)

Cosa ci rimane di tutto il rancore che abbiamo sentito quando ci vedevamo esclusi? «La vita agra» (1962) di Luciano Bianciardi è un’autobiografia romanzata piena di tensioni. E non può che essere così nell’Italia del boom industriale e del «miracolo» economico, in quel suo mescolamento tra dopoguerra e futuro, vecchie povertà e nuove ricchezze, del Sud che va al Nord. Ma «miracolo» per chi, al di fuori dei padroni e del potere – e che tali erano già ancora prima della Fiat, della televisione in ogni casa, delle vacanze in Riviera romagnola? Il protagonista abbandona la moglie Mara con il figlio nella provincia toscana per trasferirsi a Milano: l’obiettivo è vendicare i 43 minatori morti nella strage della miniera di Ribolla – il 4 maggio 1954, la più grande tragedia mineraria del secondo Novecento. La ditta, dice, ha dirette responsabilità perché ha anteposto il profitto alle vite umane. Così la sua missione è far saltare tutti e quattro i palazzi della sede, il «torracchione» che se si guarda in su lo si scorge sempre, sembra avvilire una Milano già grigia e nevrotica in cui ognuno si sente solo e il prossimo esiste solo per ricordarti le gerarchie e i pagamenti. Il proposito di lotta al potere inevitabilmente si diluisce nella lotta di ogni giorno, quella per la casa, per il lavoro e per l’amore – verso se stesso e verso l’amante Anna – che assuefà agli stessi meccanismi a cui si vorrebbe dare fuoco. All’ideologia utopica Bianciardi contrappone un realismo estremamente psichico in cui l’io rischia di perdersi. Tra i due estremi c’è spazio per sopravvivere, sì: è quello dei «nonostante tutto», ma è stentato e affollatissimo.

(Michele Maestroni)

«La Ferrovia Sotterranea»
di Colson Whitehead
traduzione di Martina Testa

La copertina di La ferrovia sotterranea
La copertina di La ferrovia sotterranea

(edizioni Big Sur, 2016, pp. 376, 20 euro, ebook 11,99 euro) 

«La Ferrovia Sotterranea» è stato pubblicato già sei anni fa e narra di eventi che risalgono a prima della guerra civile americana quindi oltre 150 anni fa, ma non è certo il genere che scade, anzi mentre lo si legge ci si interroga sgomenti: come è possibile che tutto questo avvenisse «solo» poco più di un secolo e mezzo fa? Racconta una storia che fa soffrire, ma che esige di essere raccontata e tiene agganciati fino alla fine, perché non si smette mai di sperare. Quindi ha tutte le carte in regola per diventare un classico.

Racconta la vita di una schiava adolescente di nome Cora che fugge dalla piantagione della Georgia dove è nata, rischiando tutto per la ricerca della libertà, proprio come fece sua madre, Mabel, anni prima. All’inizio siamo testimoni attraverso i suoi occhi della tortura atroce a cui viene sottoposto Big Anthony, schiavo punito per essere scappato: frustato per l'intrattenimento dei visitatori delle piantagioni, quindi castrato, cosparso di olio e arrostito. Nemmeno la minaccia di una tortura così orribile può soffocare la determinazione di Cora a fuggire, anche se imparerà, lungo la strada verso il nord, che la libertà rimane sfuggente. Cora e il suo amico Caesar sono inseguiti da un fanatico cacciatore di schiavi di nome Ridgeway, la cui incapacità di trovare Mabel lo ha reso ancora più determinato a dare la caccia a sua figlia e distruggere la rete abolizionista che l'ha aiutata: i lavoratori della «ferrovia», bianchi e neri, disposti a rischiare la vita per salvare la sua. Whitehead, che prende la «Underground Railroad» - una rete di attivisti bianchi e neri che hanno aiutato gli schiavi a fuggire verso la libertà nei decenni precedenti la guerra civile - e la trasforma da una metafora in un vero treno che traghetta i fuggitivi verso nord, non ha bisogno di fare parallelismi con l’attualità. La storia straziante che racconta è il retroscena delle ingiustizie che gli afroamericani e gli immigrati continuano a subire, ma un retroscena solo nel senso, come ha detto William Faulkner, che «il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato».

Nel raccontare di Cora, Whitehead comunica gli orrori della schiavitù e la sua eredità tossica. Allo stesso tempo, commemora il desiderio di libertà che spinge una generazione  dopo l'altra a perseverare nella ricerca della giustizia, nonostante le minacce e le intimidazioni, nonostante i capovolgimenti e gli sforzi per riportare indietro il tempo. Una storia essenziale per la comprensione del passato e del presente americano. Ma anche nostro.

(Anna Masera, vicedirettrice)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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