Sergio Isonni: «Io, un vecchio attore e non un attore vecchio»
«Mi pare di essere diventato un divo della tv. Mi fermano per strada, mi chiedono un selfie...». È l’esordio ironico di Sergio Isonni, sessant’anni di carriera - omaggiati anche con la relativa targa che gli è stata consegnata - trascorsi tra radio, teatro, tv, cinema, notizie.
I «siparietti», davvero da riuscitissima sitcom, degli spot girati (e in onda pure su Teletutto) per un noto marchio di apparecchi acustici, con una compagna di set altrettanto brillante e briosa, gli hanno regalato, appunto, ancor più notorietà. «A Teresa (questo il nome di battesimo dell’attrice, ndr) chiedono se sono suo marito. E a me se lei è mia moglie...».
È davvero difficile far stare nelle pagine di un taccuino, proprio per la ricchezza della carriera dell’ultraottantenne bresciano, una chiacchierata con Isonni. Lo spunto è lo spettacolo, «John Lennon. Punto e... a capo. Storia di un uomo che sognava la pace» che venerdì prossimo, 15 novembre, alle 21, approderà al Teatro Bonoris di Montichiari (ingresso libero, ma si consiglia la prenotazione allo 030961115): un reading - nato da un’idea di Giò Veneziani, scritto e diretto da Matteo Treccani e interpretato appunto da Sergio, con Salvatore Rinaldi e l’introduzione di Emi Baronchelli - incentrato sul Lennon pacifista.
Con l’inconfondibile voce che dalle frequenze radiofoniche, televisive e dai palcoscenici cattura per simpatia e profondità, Isonni inanella episodi di una vita professionale lunghissima. L’esordio fu con la lirica. Abbandonato il bel canto, per cause di forza maggiore, da allora è attore, conduttore radiofonico, volto televisivo, opinionista. «Ad iniziarmi al teatro furono Costanzo Gatta e il regista Bruno Frusca» racconta. Di collaborazioni - compresa quella con la nostra emittente, Teletutto, e per radio private - ne ha nel carnet parecchie. È una miniera di aneddoti, collezionati pure in quel girovagare tra teatri dell’Italia e del mondo che ha ottenuto anche riconoscimenti nazionali e internazionali, come il Premio teatrale di Schio. Ernesto Calindri è solo uno dei grandi attori con cui ha lavorato.
Aneddoti, dicevamo, di una carriera lunghissima, in cui la professione è sempre impastata con l’umano. Come quella volta in cui «misi in scena uno spettacolo a Parigi. Ci eravamo già cambiati quando ci chiesero di replicarlo per intero». E come le dirette radiofoniche, fino all’alba, nella notte di Capodanno: «C’è tanta gente al lavoro, a San Silvestro. E gente sola, che alla radio si affida». Di quelle dirette non può scordare «la telefonata con una donna, disperata, che aveva deciso di non voler più vivere. Parlai con lei a lungo. Vent’anni dopo, ad una serata, una signora mi si avvicinò per ringraziarmi di averla aiutata quella sera. Era la donna della telefonata».
Sergio - oltre che con il reading dedicato a John Lennon - è in tour con «I Promessi Sposi», con il Mascoulisse Quartet, e sta preparando spettacoli su Shakespeare e Leonardo Da Vinci, con Giacomo Andrico, e un lavoro su Luigi Tenco. La chiosa è alla Isonni: «Voglio essere ricordato come un vecchio attore, non come un attore vecchio».
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