Sei libri consigliati dalla redazione per marzo, tra storie intime e un manga
Questo numero dei libri consigliati del mese è parecchio intimo. Casualmente, peraltro, ci siamo trovate e trovati a scrivere di libri che raccontano storie esistenziali, di crisi personali e collettive. Vicende dolorose, in cui due autori svelano molto di sé, un terzo crea una delle figure simbolo di quest'epoca.
Ma trovate anche le parole appassionate e commoventi di Liliana Segre, uno scrittore immeritatamente poco conosciuto secondo chi l'ha letto e per la prima volta anche un manga.
Per marzo i libri consigliati sono sei. Ci risentiamo ad aprile, entro il 14. Se volete scriverci potete contattare il giornalista o la giornalista direttamente cliccando sul suo nome in fondo alla recensione. Qui trovate i consigli di febbraio.
«Sei tu il figlio»
di Emanuele Galesi
(Edizioni Piemme, 2023, 256 pp., euro 18,50)
Non sarà il titolo originario partorito dal suo autore, ma «Sei tu il figlio» convoglia in nuce la sostanza del primo romanzo di Emanuele Galesi, giornalista bresciano già in forza al Giornale di Brescia. Recente vincitore del premio letterario «Angelo Zanibelli» e fresco di stampa per i tipi Piemme, «Sei tu il figlio» è un libro sorprendente, potente e bellissimo.
Galesi ha scavato nella sua storia personale, regalandoci l’intimo racconto degli ultimi mesi di vita di un padre - tossicodipendente e sieropositivo -, che viene accompagnato, accudito e riscoperto dal figlio, costretto a sua volta a fare i conti con un rapporto lacerante, ma sostanziale alla definizione della sua identità.
Incursioni nel passato dei due protagonisti - in un continuo accavallarsi e scambiarsi dei ruoli precostituiti - tratteggiano una vicenda che è solo in apparenza confinata nel presente. Il ricorso fine all’ironia è il medium che alleggerisce i toni, mitigando l’angoscia di un racconto straziante e confermando la sua aderenza alla realtà, che è fatta anche di nonsense e di risate col groppo in gola.
Una costruzione scenica a tratti scarna, quasi teatrale, una costruzione; un ottimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi e una vis poetica sempre funzionale alla resa di messaggi pregnanti contribuiscono a fare di questo libro un bel libro. Sicuramente da leggere.
(Ilaria Rossi, redazione Web)
«Tasmania»
di Paolo Giordano
(Einaudi, 2022, pp. 259, euro 19,50, ebook 10,99 euro)
La ragione per cui si è messo a scrivere questo romanzo raccontando con crudezza di sé la esplicita solo nelle righe finali ma è intuibile fin dall’inizio: «Scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere». «Tasmania» è un libro sulle crisi - affettive, sentimentali, amicali, lavorative, climatiche -, che Paolo Giordano sviscera partendo da sé. Si denuda senza sconti nel protagonista suo alter ego, laureato in Fisica, scrittore alle prese con un libro sulla bomba atomica, collaboratore del Corriere della Sera per cui scrive di crisi climatica, legato a una donna di dieci anni più grande in un matrimonio che il sesso non riesce a rivitalizzare.
Le pagine sono sincere e ansiose, con Giordano ci sono Lorenza che attende, Novelli che studia le nuvole e il cambiamento climatico, Giulio che cerca di salvare il rapporto con suo figlio, Karol che si innamora di una ventenne e per lei è pronto ad abbandonare Dio. Seguiamo i tasselli cadere e ricomporsi senza sforzi, la lettura è scorrevole.
Di «Tasmania» rimane addosso un’inquietudine velata di sottosfondo: le crisi del protagonista e dei personaggi sono quelle di un’epoca, la nostra. E tutti noi siamo alla ricerca di una Tasmania come luogo di salvezza.
(Laura Fasani, redazione Web)
«Tomie»
di Junji Itō
(traduzione Silvia Ricci, Edizioni Bd, 2017, pp. 740, 18 euro)
«Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate». Ciò che Dante scrisse sulle porte dell'Inferno lo si potrebbe tranquillamente consigliare a chi si approccia alle opere di Junji Itō, maestro giapponese del manga horror. Premessa: il manga, come ogni fumetto, è un mezzo di comunicazione che tramite le parole e le immagini può affrontare qualunque genere. E «Tomie», il capolavoro di Itō, riassume perfettamente questa definizione.
Nella storia di questa bellissima ragazza, in realtà insieme di storie raccolte in unico volume ma unite in modo mistico da un filo rosso, si nasconde tutta la potenza e tutto il terrore che solo la narrazione scritta horror può generare. Non c'è via di uscita dalla paura e dalla morte, perché «Tomie», in realtà un essere non umano, ogni volta che muore rinasce, sempre più desiderosa di essere apprezzata, di essere idolatrata dagli uomini che al suo cospetto impazziscono di desiderio. Dimenticavo: sono proprio le persone che hanno perso la testa per lei quelle che di volta in volta le tolgono la vita.
Le parole di Itō sono poche ma pungenti come stilettate. Il tratto invece riesce nelle tavole a divenire di volta in volta complesso, misterioso, crudo, disegnando il sovrannaturale senza però mai renderlo scollegato dalla realtà, rendendo possibile l'impossibile. Il risultato è un vortice senza fine di morte e resurrezione, dove il lieto fine, esattamente come in maestri occidentali dell'horror quali Edgar Allan Poe o H. P. Lovecraft, non è ammesso.
(Stefano Martinelli, redazione Web)
La vita intima
di Niccolò Ammaniti
(Einaudi, 2023, pp. 301, 19 euro, e-book 10,99 euro)
Che noia le giornate di Maria Cristina Palma in Mascagni, la donna più bella del mondo moglie del presidente del Consiglio. Una noia di lusso in bilico su un abisso di dolore semi-rimosso, perché la vita di Maria Cristina è stata come «un righello che al posto dei centimetri ha i defunti»: non a caso c'è chi la chiama Maria Tristina. Personal trainer, outfit, feste… Epperò a un certo punto, per l'esattezza a pagina 81 del nuovo libro di Niccolò Ammaniti «La vita intima», accade qualcosa che potrebbe polverizzare anche questa esistenza fintamente perfetta, e s'intreccia con la decisione di Maria Cristina di rilasciare un'intervista televisiva sfidando un perenne senso d'inadeguatezza e i timori del marito e del suo entourage. Mentre il Bruco, il social media manager che tutto-tutti domina senza mai mostrarsi, approva e anzi spinge sull'acceleratore.
Anche il romanzo di Ammaniti (che, attenzione, in modo analogo al precedente «Anna» contiene una sorta di profezia, seppur di minore entità) parte piatto come le giornate di Maria Cristina e accelera pagina dopo pagina, fino ad assumere il ritmo di un thriller complottistico e distopico. Con la protagonista che conquista una consapevolezza finalmente adulta (e non solo) passando attraverso l'audacia apparentemente sconsiderata che deriva da una disperazione segreta.
In tutto questo è centrale il tema della fiducia. «Purtroppo ti devi fidare di me», dice Nicola Sarti, la vecchia fiamma di Maria Cristina che irrompe nella sua nuova vita con la sorpresa destinata a sconvolgerla. «Devo potermi fidare di te. Di qualcuno…», dice Maria Cristina alla giornalista Mariella Reitner che la intervisterà (e le risponde «Di me ti puoi fidare»). «Mi fiderò, se tu ti fiderai di me», dice il Bruco a Maria Cristina nel loro unico incontro (ma lui non si svela). E, ancora: «Io mi affido a te», dice Maria Cristina a Stefania che deve cambiarle colore di capelli e pettinatura prima dell'intervista cruciale. È infatti l'ora della verità, il momento in cui la vita intima non fa più paura: quella contenuta in un video che ci potrebbe compromettere, certo; ma soprattutto quella che più ci addolora.
(Francesca Sandrini, redazione Cronaca e provincia)
«La stella polare della Costituzione - Il discorso al Senato»
di Liliana Segre
(Vele, Einaudi, 2023, pp. 76, 12 euro)
Non è un libro, è una medicina. Anzi, un vaccino. E non chiedetemi da quali virus potrebbe salvarci, arrivateci da soli. Le parole che Liliana Segre ha pronunciato a Palazzo Madama il 13 ottobre 2022, aprendo, in qualità di membro anziano, la prima seduta della XIX legislatura, sono rimaste scolpite nella mente di molti, si sono impresse con nitidezza, distinguendosi nel fiume di parole che ci travolge ogni giorno.
Oggi Segre, nella riflessione che fa da preludio a questo libro, si qualifica come «una semplice nonna testimone della storia», e prende atto con stupore dell'eco fortissima che il suo discorso ha avuto nella coscienza collettiva di un Paese frastornato, disorientato, spaventato, in cerca di maestri che non trova, in cerca di «padri» e «madri» della Patria, sempre più rari.
«In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a una come me…». Sì, è toccato proprio a lei, una novantenne che vive sotto scorta, pronunciare termini come «politica alta e nobile», «ascolto», «gentilezza», «mitezza». E ricordare, con le parole di Piero Calamandrei, che la Costituzione repubblicana «non è un pezzo di carta, ma è il testamento di centomila morti caduti nella lunga lotta per la libertà».
Questo piccolo volume - che ha un'introduzione di Alessia Rastelli ed è arricchito da un testo della curatrice Daniela Padoan dal titolo «La vertigine» - è il libro che ogni nonna o nonno dovrebbero regalare ai propri nipoti, per augurare loro un futuro meno incerto di quello che hanno davanti.
(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)
La fine è nota
di Geoffrey Holliday Hall
(Sellerio Editore, 2009, pp. 256, euro 10)
Kearney, chi era costui? Non me ne voglia il fu Manzoni e con lui don Abbondio (o peggio, il dimenticato Carneade) per la domanda brutalmente presa in prestito. Ma è proprio dietro a questa domanda che si snoda per intero «La fine è nota», romanzo del semisconosciuto Geoffrey Holliday Hall, autore statunitense del secolo scorso che nel 1949 pubblicò questo romanzo, in Italia apparso prima nei Gialli Mondadori, quindi riscoperto da Leonardo Sciascia e suggerito all'amica Elvira Sellerio, la cui casa editrice ha da poco ripubblicato il volume nella commemorativa collana Promemoria.
Kearney è uno sconosciuto che si presenta nel lussuoso appartamento newyorkese di Bayard Paulton, ex ragazzo del midwest divenuto facoltoso manager, per uscirne poco dopo, ma dalla finestra. Con un plastico volo di svariati piani. È questa la fine nota del titolo, che fa il verso ad un verso di Shakespeare. Quando ciò accade il padrone di casa è al lavoro e solo al suo ritorno apprende dalla moglie e dalla polizia sopraggiunta di quella morte misteriosa. Che lo interroga e non gli dà pace, almeno quanto la frase con cui il morto si sarebbe congedato dalla vita: «Soltanto il signor Paulton mi può aiutare, nessun altro!».
Da lì prende corpo un noir che è tutto a ritroso, nel tempo e nella geografia dei luoghi in cui le poche informazioni via via racimolate consentono a Paulton di collocare il misterioso Roy Kearney. Ne esce un affresco della società americana del secondo dopoguerra fatta di paradossi e paraventi, di contraddizioni che molto ancora ci dicono dell'uomo del nostro tempo. In cui paure e miserie, sogni e ambizioni, fallimenti e mimetismi, solitudini e disperazioni, affetti e strazi assumono forme concrete in una manciata di personaggi tanto esasperati nelle loro caratteristiche da risultare - sublime paradosso - molto credibili.
Il finale, smentendo in quota parte il titolo, è tutt'altro che noto. Ci si arriva solo fendendo atmosfere che sanno di Raymond Chandler, Dashiell Hammett o anticipatrici persino di certo James Crumley. Sorrette da uno stile secco, permeato dal gusto della trovata, quasi mai telefonata, e da un ritmo quasi cinematografico che tiene inchiodati alla pagina.
(Gianluca Gallinari, redazione Web e vicecaporedattore)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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