Cultura

Sei libri consigliati dalla redazione del GdB per aprile

La Redazione Web
Dall’ultimo Joël Dicker a uno dei dodici finalisti al Premio Strega ma anche una proposta per bambini: ecco alcuni titoli
Letture d'aprile - Foto Unsplash
Letture d'aprile - Foto Unsplash
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Tre romanzi, uno candidato al Premio Strega del 2024. Ma anche un saggio per provare a orientarsi nella questione israelo-palestinese, un libro dello scorso anno e questa volta anche un libro per bambini.

Ecco i titoli consigliati per aprile dalle redattrici e dai redattori del Giornale di Brescia. Qui trovate la puntata precedente con altri libri, che comunque non scadono mai. 

«Un animale selvaggio»

La copertina di Un animale selvaggio
La copertina di Un animale selvaggio

di Joël Dicker

(traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, La Nave di Teseo, 2024, pp. 448, euro 22, e-book 12,99 euro)

Più piani temporali, due famiglie e una rapina. Sullo sfondo c’è una Ginevra tranquilla e rilassata.

La protagonista è Sophie, brillante e bellissima avvocata di Saint Tropez, suo marito, il banchiere anglo-svizzero Arpad, con il quale ha due figli e un'intesa che tutti invidiano; una coppia un po’ più scalcagnata (alle prese con le mille difficoltà della vita tra la gestione dei figli e dei tanti impegni) di vicini di casa Greg e Karine, lei commessa e lui poliziotto, affascinati da quella coppia che vive nella casa di vetro al limitare del bosco e, soprattutto, da Sophie.

Chiari fin da subito gli eventi cardine del romanzo: il quarantesimo compleanno di Sophie e una rapina.

In «Un animale selvaggio» Joël Dicker usa sapientemente il non detto: fornisce le informazioni quando vuole che il lettore le sappia e, anche quando chi legge pensa di aver capito tutto, svela qualcosa che cambia le carte in tavola. E i segreti dei personaggi, anche quelli dosati con parsimonia e svelati grazie ai salti temporali, fanno il resto.

Dicker non delude nemmeno stavolta, anche se questo romanzo sembra essere meno coinvolgente rispetto a quelli che hanno come protagonista Marcus Goldman, e questo grazie ai colpi di scena e alla caratterizzazione dei personaggi che non sono mai banali e piatti, ma complessi e multi sfaccettati. Una storia intricata e di suspense che rende fluida e piacevole la lettura.

Perfetto da mettere in valigia.

(Elisa Rossi, redazione Cronaca)

«Invernale»

La copertina di Invernale
La copertina di Invernale

di Dario Voltolini

(La nave di Teseo, 2024, pp. 144, 17 euro, e-book 9,99 euro)

Per arrivare fino alla fine, bisogna proprio volerlo leggere, il nuovo libro di Dario Voltolini. «Invernale» mette alla prova il suo lettore. Ma se questi è caparbio e resiste, aggrappandosi alla qualità della scrittura e respingendo la tentazione di domandarsi: chi me lo fa fare?, per lui arriva un premio impagabile: pagine di autentica e alta letteratura. Sandro Veronesi ha candidato il libro per il Premio Strega: ora è tra i 12 finalisti.

Voltolini, a 40 anni dai fatti personalmente vissuti, prende la via della narrazione, costruendo un racconto lungo su malattia e morte precoce di un padre («lui»), sotto gli occhi del figlio, che in prima persona registra con sguardo attento il farsi della catastrofe familiare.

Nove decimi del libro si svolgono tra il grande mercato torinese, dove il padre con maestria e autorità esercita il suo mestiere di maestro macellaio, e le peregrinazioni sanitarie, anche all’estero, alla ricerca della cura per un cancro che si presenta subito difficile. Quando i medici pronunciano, per il padre, la sentenza definitiva («Non c’è più niente da fare»), il libro riserva al tenace lettore 14 pagine sfolgoranti di bellezza, una preghiera densa di umana pietà, e insieme quotidiana, che appartiene a tutti: non solo l’epilogo solenne della storia di un uomo, ma un canto per la fragilità della condizione umana. Pagine che sono – ed è raro negli scrittori italiani contemporanei – grande letteratura, che riempie il cuore e incide a fondo nelle nostre vite comuni.

(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)

«Ritorno in Puglia»

La copertina di Ritorno in Puglia
La copertina di Ritorno in Puglia

di Marco Ferrante

(Bompiani, 2024, pp. 352, 20 euro, ebook 11.99 euro)

Gli intrecci familiari, gli amori non corrisposti, i riti tristi di una comunità ancorata al passato e le tante contraddizioni di un paese del Sud Italia ogni giorno sono uno spunto di riflessione per Bernardo Bleve, mentre dalla sua scrivania registra i successi dell’azienda che produce bibite ereditata dai nonni.

La saga dei Bleve raccontata in Ritorno in Puglia da Marco Ferrante è un’opera frutto della sua fantasia e riflette palesemente un personale sentimento d’amore e d’odio verso la terra in cui è nato. I colori, i profumi e gli orizzonti di Tisi sono poetici; le incoerenze e le delusioni espresse da parenti, amici e conoscenti intorno a Bernardo Bleve sono una ferita insanabile, suo malgrado.

Ritorno in Puglia è peraltro ambientato a metà degli anni Novanta: da poco è scoppiata la guerra del Kosovo e sulle coste dell’Adriatico ci sono i primi sbarchi di migranti. La narrazione di Ferrante è in punta di penna e inizia dal drammatico naufragio della Katër i Radës nel Canale di Otranto. L’imbarcazione era stata rubata al porto di Santi Quaranta da gruppi criminali che gestivano il traffico di immigrati clandestini e durante un inseguimento da parte della corvetta italiana Sibilla, il Venerdì Santo del 1997, morirono 81 persone, di cui sono stati ritrovati soltanto 57 corpi e ne risultarono dispersi 24. Bernardo Bleve non se ne dà ragione, sente che sarà una tragedia che cambierà la storia. Della sua famiglia in particolare. La gente di Tisi, invece, sminuirà senza motivo l’accaduto, giustificandolo solo con la retorica. Per i Bleve sarà il presagio di un addio alla Puglia.

(Erminio Bissolotti, redazione Economia)

«J’Accuse»

La copertina di J'Accuse
La copertina di J'Accuse

di Francesca Albanese con Christian Elia

(Fuori Scena, 2023, pp. 169, euro 16)

Uccidere civili innocenti è illegale. Punto. Dovrebbe essere un assioma su cui basare ogni altra considerazione, la realtà degli oltre trentamila morti nella Striscia di Gaza degli ultimi sei mesi ci dimostra ancora una volta che così non è. Ma, prima di tutto, la verità.

È l’esigenza che ha mosso Francesca Albanese, Relatrice speciale dell’Onu nei territori palestinesi occupati, a scrivere il suo «J’Accuse» insieme a Christian Elia, giornalista che da oltre vent’anni si occupa di Medio Oriente. Nelle sette parti in cui è suddiviso il libro, non ideato come instant book dopo l’attacco di Hamas ma necessariamente adattato dopo il 7 ottobre, i due illustrano attraverso un dialogo continuo tutti gli aspetti dell’occupazione illegale di Israele, con i suoi crimini e le violazioni ripetute del diritto internazionale accertate dalla Relatrice. Forte di un impegno civile e di ricerca di anni, «J’Accuse» vuole essere innanzitutto uno strumento per orientarsi nel dibattito pubblico, troppo spesso viziato da ideologie e da una scarsa conoscenza in Occidente del contesto, aggravata da una narrazione mediatica carente quando non fuorviante. All’emozione con cui spesso si affronta il tema del conflitto tra Israele e la Palestina Albanese ed Elia oppongono la norma: un quadro giuridico che aiuta a smontare il falso mito di una pace possibile ma bloccata dall’ostinazione delle parti. Perché non è possibile raggiungere una pace quando le condizioni dei paesi coinvolti non sono paritarie, quando uno è l’oppressore dell’altro.

(Laura Fasani, redazione Web)

«La ricreazione è finita»

La copertina di La ricreazione è finita
La copertina di La ricreazione è finita

di Dario Ferrari

(Sellerio, 2023, pp. 466, 16 euro, e-book 9.99 euro)

È possibile raccontare l’ambiente accademico con i suoi riti e i suoi codici, i vezzi e le crudeltà, rendendolo non solo intelligibile ai non addetti ai lavori ma addirittura divertente?

È lecita una narrazione farsesca del terrorismo?

Università e anni di piombo s’intersecano nel romanzo «La ricreazione è finita» di Dario Ferrari: 460 pagine che catturano, dense e piacevolissime.

È avvincente, a tratti esilarante, la vicenda del trentenne di Viareggio Marcello Gori, dottorando casuale e maldestro in un dipartimento di italianistica dell’Università di Pisa, una fidanzata tutta d’un pezzo e un gruppo di amici vitelloni. Ed è avvincente la vicenda, letteraria e umana ancor prima che politica, di Tito Sella, il terrorista-scrittore finito presto e morto in carcere, che il «barone» Sacrosanti impone a Marcello come argomento della sua tesi di dottorato. Dapprima riluttante, lui ne sarà sempre più coinvolto, intrecciando la sua esistenza a quella di Sella (pure viareggino) e trascinando anche il lettore in un appassionante percorso che dallo studio delle opere note del terrorista-scrittore arriverà al suo misterioso archivio conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in cerca dell’autobiografia perduta (o mai scritta), la «Fantasima».

Tito Sella è un personaggio immaginario, così come non è mai esistita la sua brigata Ravachol, che Ferrari riesce a presentare come goffa e tragica al tempo stesso (quindi sì: è lecito). Così, «La ricreazione è finita» mescola fatti inventati con sorprendente dovizia di dettagli e avvenimenti storici, analisi di testi fittizi – un titolo su tutti: «Agiografie infami» - e vere citazioni, cultura «alta» e riferimenti pop, in un’abbondanza di livelli e temi che mai disorienta perché è sempre sorvegliata da uno sguardo che tutto tiene e tutto conduce al colpo di scena finale e ad altri disvelamenti.

(Francesca Sandrini, vicecaposervizio redazione Cronaca)

«Il rosmarino non capisce l’inverno»

La copertina di Il rosmarino non capisce l'inverno
La copertina di Il rosmarino non capisce l'inverno

di Matteo Bussola

(Einaudi, 2022, pp. 160, euro 16.50)

Frammenti di esistenze, emotivamente intensi, che travalicano i confini dei capitoli, in cui sembrano racchiusi, per dare vita ad un romanzo corale. Una costellazione di storie, le cui protagoniste sono tutte donne, con cui Matteo Bussola descrive, dal punto di vista maschile, la complessità dell'universo femminile.

«Il rosmarino non capisce l’inverno» condensa sofferenze e speranze, felicità e inquietudini, fragilità e aspirazioni di persone distanti per età, cultura, condizione sociale, ma accomunate da desiderio di ritrovare un proprio equilibrio, chi sfidando pregiudizi, chi trovando il coraggio di rimediare ad uno sbaglio, chi semplicemente lasciandosi andare e accettando per sé un futuro diverso da quello che pareva già scritto.

Con uno stile coinvolgente e scorrevole, Matteo Bussola offre una lettura delicata, ma mai leggera. Un libro che porta il lettore dentro le storie, per empatizzare con le protagoniste, immedesimarsi in alcune di loro, interrogarsi sulle loro scelte, a tratti commuoversi.

«A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all'improvviso di avere soffocato la propria? Di non essersi mai davvero prestata ascolto?», si chiede l'autore, che al lettore confida: «Ho deciso di scrivere di donne perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già».

Un esercizio che non si esaurisce nelle 160 pagine del libro, ma che coinvolge e appassiona, trascinando il lettore fino ad un finale potente in cui le diverse vicende convergono chiudendo il cerchio della narrazione.

(Clara Piantoni, redazione Teletutto)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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