Scherbakova a Brescia: «L’Europa sia pronta a riarmarsi contro Putin»
Se vuoi la pace, prepara la guerra. Ricorda la sentenza latina («si vis pacem, para bellum») il messaggio lanciato nella sua giornata bresciana da Irina Scherbakova, che proprio per la pace ha ottenuto il premio Nobel nel 2022 con l’associazione Memorial, di cui è cofondatrice. «L’Europa deve essere pronta, deve militarizzarsi», ha detto in modo perentorio di fronte a una platea di universitari.
La giornata bresciana
La dissidente russa che oggi vive in Germania, dopo l’incontro in Loggia con la sindaca Laura Castelletti, è stata infatti ospite in Statale nell’ambito del master Iami (Intelligenza artificiale, mente e impresa) diretto da Nicoletta Cusano. Proprio da qui ha preso una posizione nettissima sul conflitto in Ucraina e sulle azioni che dovrebbero mettere in campo i Paesi europei e l’intero Occidente.
Il Nobel per la pace non le impedisce di sostenere che sia necessario «fare di più e riarmarsi», perché «Putin capisce solo il linguaggio del potere, della forza». Scherbakova invita tutti a un sano, ancorché crudo realismo, e in particolare a non cullarsi nell’illusione che si possa tornare a una situazione precedente all’invasione russa.
La vera pace
«Per una pace vera occorre lavorare molto», osserva. Non esistono le scorciatoie prospettate «da chi in maniera populistica, come Trump, pensa di mettere fine alle ostilità in 24 ore».
Scherbakova si dice inoltre poco fiduciosa di un possibile rovesciamento interno del regime di Putin: «La società russa non è pronta a colpi di Stato, i dissidenti sono pochi e spesso finiscono male, come nel caso di Navalny, uomo di grande coraggio. D’altro canto la propaganda del Cremlino fa molto bene il suo lavoro, tant’è che oggi gli oppositori rappresentano solo il 15% della popolazione».
Eppure, qualcosa si può fare. Scherbakova pone enfasi sull’importanza di preservare la memoria per contrastare la riscrittura autoritaria della storia, criticando apertamente la riabilitazione del passato sovietico. In questo senso diventa ancora più prezioso il suo libro «Le mani di mio padre», edito da Mimesis e presentato alla libreria Nuova Rinascita: una toccante narrazione autobiografica che intreccia le vicende personali della sua famiglia con le trasformazioni storiche, politiche e culturali della Russia dal ventesimo secolo ai giorni nostri.
Intimissima scrittura
«La storia è nel romanzo di Irina un racconto famigliare: il suo, intimissimo, racconto – sottolinea Stefano Vastano, che ha curato la traduzione –. Infatti, se tipicamente gli storici hanno un ethos professionale che li porta a scrivere tramite e con le fonti, qui l’autrice fa qualcosa di molto diverso: il suo è un ethos autobiografico, toccante, profondo e femminile simile a quello della Ginzburg».
Non esiste storia se non è personale ed è proprio questa la forza del libro che non è solo fatto di momenti, non è un mero resoconto oggettivo di vicende che si susseguono ma, simile a un album fotografico, è un collage di persone che quei momenti li vissero sulla loro pelle e che, tramite l’autrice, diventano la memoria di ciò che fu: «Il romanzo parte con il ricordo della mia nonna – racconta Scherbakova –. La storia della Russia viene ricostruita, ma non è mai la protagonista principale del libro: è solo un inevitabile contorno alla mia vita e a quella di chi ho incontrato nel mio percorso». Il romanzo dunque è intriso di storia che accompagna di capitolo in capitolo i lettori senza mai prevaricare sulla letteratura.
Così è interessante vedere come anche i luoghi e i personaggi che tutti conoscono e che rappresentano per l’immaginario occidentale i simboli della grande Russia del secolo scorso non vengano citati per la loro rilevanza culturale: «L’hotel Luxor per me non è l'albergo dove hanno soggiornato i più famosi politici del Novecento, ma il luogo dove è nata mia mamma – conclude –. Allo stesso modo parlo di Svetlana Stalin e Svetlana Molotov perché furono sue compagne di scuola e amiche: le ricordo per ciò che hanno rappresentato per me».
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