Rinascere senza morire: Dylan Dog tra Londra e Brescia
Bye bye Ispettore Bloch. Anzi, «Mai più Ispettore Bloch», citando direttamente il titolo dell’albo 338 di Dylan Dog, il secondo della serie 2.0 appena inaugurata in edicola con «Spazio profondo», albo 337.
Il saluto all’ufficiale di Scotland Yard che ha accompagnato per una vita l’indagatore dell’incubo è una delle novità più rilevanti del nuovo corso del fumetto creato da Tiziano Sclavi, che viene ora proposto in due versioni: quella classica, pubblicata nei volumi Maxi siglati Old boy per chiarire il concetto, e quella rinnovata, inaugurata con un viaggio a colori nello spazio profondo (sceneggiatura di Roberto Recchioni, disegni di Nicola Mari). Un volume, il 337, di transizione, in attesa del percorso di rinascita del nostro eroe che coinciderà tra le altre cose con l'addio (per raggiunta età pensionabile) di Bloch a Scotland Yard.
Tranquilli, l'ex ispettore tornerà ad aiutare l'amico Dylan, il centro dell’azione continuerà ad essere Londra (aggiornata nei paesaggi e più multientnica) e gli autori, a partire dal curatore editoriale Roberto Recchioni, promettono un ritorno alle atmosfere inquietanti tra l’horror e il gotico moderno che hanno fatto la fortuna della serie.
Di sicuro, il nuovo Dylan avrà un’influenza bresciana. Nella squadra che lavora ai prossimi numeri è entrato Gigi Simeoni, sia in veste di sceneggiatore (suo è il volume 339), sia in quella di disegnatore (l'uscita è prevista per la prossima primavera). Si tratta di un ulteriore riconoscimento per uno dei componenti del gruppo «Hammer», una piccola e preziosa scuola bresciana che continua a dare soddisfazioni. Attorno al fumetto di fantascienza uscito tra il 1994 e il 1996, riproposto ora dalla Mondadori Comics, si era formata una squadra che comprendeva anche Riccardo Borsoni, Giancarlo Olivares, Mario Rossi e Stefano Vietti, cresciuti con l’argentino Rubén Sosa.
Tempo fa avevamo scritto di Rossi, nome di battaglia Maio, scelto per la lavorazione di uno dei prossimi texoni (oltre che autore del mitico Vagabond). Simeoni, dal canto suo, ha passato quasi venti dei suoi 47 anni a scrivere e disegnare per Nathan Never, oltre ad altri volumi bonelliani come Agenzia Alfa, Brendon, o il romanzo «Stria», per cui si aggiudicò il premio Comicus come migliore graphic novel italiana. Un horror ambientato in Val Trompia, una fiaba oscura in cui la caccia alle streghe di cui resta traccia nella storia locale diventa ispirazione per un racconto in cui i temi del diverso e dell’emarginazione conducono il lettore nel regno del terrore.
Lo stile di Simeoni è pulito, contrastato con equilibrio, con rimandi al pop senza eccedere e sconfinare nella caricatura. Per Dylan Dog aveva già lavorato nel 2011, ora entra a pieno titolo nel gruppo degli autori. Giù il cappello: dopo Tex, è il fumetto italiano più popolare. Tormentato, in perenne equilibrio (instabile) sopra la follia, vestito con la stessa giacca, la stessa camicia rosso sangue, gli stessi jeans attillati, le stesse Clark’s, lo stesso maggiolone dal 1986: il personaggio è un’icona. Rupert Everett si è impossessato della sua maschera in maniera fedele, ma sui due film dedicati all’eroe romanticamente cupo, o viceversa, è meglio soprassedere. Concentriamoci sui fumetti.
Riuscirà il nuovo Dylan a ritornare alle magie del primo Dylan? Riuscirà a tornare quello dei primi 100 numeri, i migliori secondo il tormentone, indelebili nel cuore dei fan? È una sfida che passa anche da Brescia: solo lui, in fondo, può rinascere senza prima morire.
Emanuele Galesi
e.galesi@giornaledibrescia.it
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