Cultura

«Quel lager "all’italiana" dove i bambini erano accompagnati a prendere il gelato»

La storia del campo di Ferramonti di Tarsia in uno spettacolo con testo di Lucilla Perrini
Attore e regista Sergio Mascherpa - Foto Tiziana Arici
Attore e regista Sergio Mascherpa - Foto Tiziana Arici
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Evadere dagli orrori dei campi di concentramento, trasformando tutto in una specie di gioco, di avventura fantastica. Un potente stratagemma orchestrato anche da Roberto Benigni nel film «La vita è bella», eppure esistito, per certi versi, prima ancora nella realtà che nella finzione cinematografica, se non fosse che di questo "inganno" - simile ad una comune, o ad un kibbuz, come scrissero sul "Times" o, ancora, riprendendo la definizione del "Jerusalem Post", ad un «paradiso inaspettato» - nessuno ricorda più la storia.

La storia

Sperso tra le colline e i casolari della campagna calabrese, Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza, è stato il più grande campo di concentramento in Italia (10 luglio 1940 - 8 settembre 1943), con quattromila internati - ebrei per la maggior parte, ma anche greci, albanesi, cinesi, giapponesi, neozelandesi e australiani - e nessuna deportazione, morte violenta o lavoro forzato come accadde, invece, nello stesso periodo, nel campo italiano della Risiera di San Sabba, a Trieste, dove morirono circa cinquemila persone.

Lì, solo gassazioni e cremazioni; a Ferramonti di Tarsia, concerti, spettacoli teatrali e gite fuori porta con il comandante del campo, Paolo Salvatore, che, ad agosto, caricava sulla sua auto i bambini prigionieri per portarli in paese a mangiare il gelato. Salvatore serviva lo Stato, ma a modo suo, secondo la sua interpretazione delle regole, permettendo che la vita dentro il campo, nonostante l’internamento, continuasse a scorrere piena e dignitosa: c’erano le scuole, una biblioteca, squadre di calcio e di pallamano organizzate in tornei, concerti e spettacoli teatrali, appunto, ai quali erano invitati anche le autorità e i cittadini di Tarsia e di Cosenza; una sinagoga, una chiesa cattolica e una ortodossa dove si celebravano perfino i matrimoni; c’era il cibo che i contadini di Tarsia portavano di nascosto e, poi, addirittura un "parlamento", con il quale Salvatore si consultava prima di prendere i suoi provvedimenti. Quanti paradossi, quante eccezioni può tramandare la storia se solo si hanno la curiosità e la voglia di andarli a cercare...

La scena, il modello per la scenografia di Giacomo Andrico - © www.giornaledibrescia.it
La scena, il modello per la scenografia di Giacomo Andrico - © www.giornaledibrescia.it

Da Brescia, Sergio Mascherpa e Lucilla Perrini sono partiti alla volta del Museo della Memoria di Ferramonti di Tarsia, per scavare nelle pagine di diario, nelle lettere e tra le fotografie (perché, anche se era vietato fotografare, tanti erano i prigionieri che giravano con una macchina fotografica), e riportare alla luce la storia di questo insolito campo di internamento, che non solo fu il più grande in Italia, ma anche l’unico nel suo genere, perché se gli altri occupavano edifici pubblici già esistenti, Ferramonti fu costruito sul "modello Dachau", il lager tedesco per eccellenza: 92 baracche, in 16 ettari di pianura paludosa, destinate ad accogliere un settimo degli ebrei che si rifugiarono in Italia durante il nazismo.

Il viaggio

Da questo viaggio è nato lo spettacolo di teatro e memoria «Il paradiso inaspettato. Ferramonti di Tarsia», che debutterà giovedì 19 gennaio, alle 21, all’Auditorium "Giorgio Gaber" di Castel Mella (via Onzato, 56). Regia e interpretazione di Sergio Mascherpa, testo di Lucilla Perrini, scene di Giacomo Andrico, costumi di Mariella Visalli, musiche originali di Claudio Smussi, luci di Nicola Ciccone. Ingresso libero, info@teatrolaboratoriobrescia.net.

Repliche: venerdì 20 gennaio, ore 21, Teatro Ideal di Castenedolo; venerdì 27 gennaio, ore 21, Sala Togni di Gussago; lunedì 30 gennaio, ore 21, Teatro Corallo di Villanuova sul Clisi; martedì 31 gennaio, ore 21, Teatro Lolek di Rezzato.

In attesa di poter assistere allo spettacolo «Il paradiso inaspettato. Ferramonti di Tarsia», accontentiamoci di un’anteprima di poche righe del testo della Perrini: «Una storia nascosta questa di Ferramonti di Tarsia, che nulla toglie all’orrore dello sterminio nazista e fascista. Però, nel buio di quegli anni, una scheggia di luce; nel deserto, un piccolo seme».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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