Artisti della parola lungo i sentieri del vivere: ecco PontedilegnoPoesia

Elisabetta Nicoli
Oggi di scena gli altri tre finalisti: Claudio Damiani, Lorenzo Pataro e Vito Santin. Domani la proclamazione del vincitore
Dall'alto: Sergio Bertolino, Ennio Cavalli (sotto), Stefano Dal Bianco (a destra)
Dall'alto: Sergio Bertolino, Ennio Cavalli (sotto), Stefano Dal Bianco (a destra)
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Un filosofo, un giornalista, un docente universitario, artisti della parola e cultori del silenzio, lungo i sentieri del vivere: tre poeti per il primo pomeriggio d’incontri con il pubblico di PontedilegnoPoesia, introdotti dai critici della giuria diretta da Giuseppe Langella.

Oggi alle 18 nell’auditorium di via Salimmo, la seconda terna degli autori prescelti (Claudio Damiani, Lorenzo Pataro, Vito Santin) in vista della cerimonia finale di domattina, a compimento della XV edizione del Premio lanciato dall’associazione Pontedilegno-MirellaCultura, con Pro Loco e Biblioteca Civica.

Il filosofo

Sergio Bertolino è autore del libro «Resistenza e sparizione», edito da Avaglianopoesia. «La mia visione – spiega – richiama la dinamica degli opposti: la voglia di uscire da sé del soggetto scrivente e di incontrare l’altro: in questo c’è un resistere, in quanto individuo, in una società un po’ dura. Il libro non nasconde le asperità della vita, la rabbia e il disagio, nell’incontrare il mondo, che al tempo stesso è un riconoscere meglio se stessi. In questa dialettica tra io e non io rivedo il discorso metafisico sull’essere e il nulla, che ha a che fare con le grandi domande dei bambini, sul perché di ogni cosa. Sono attratto da una dimensione poetica che riscopra attraverso lo stupore e la meraviglia le questioni fondamentali. È come se la parola poetica contenesse un mistero: riconosce se stessa quando si rapporta con il silenzio. La poesia è il grande amore della mia vita, sono anche musicista, e appassionato alla filosofia: uso quello che è il mio mondo per rapportarmi alla realtà, colloco la poesia tra i due opposti io/non io, essere/non essere».

Il giornalista

«Il silenzio è migliore di me», edito da La nave di Teseo, è il libro in concorso di Ennio Cavalli: titolo apparentemente in contrasto con «Ci dice tutto il nostro inviato», altro suo libro recente. «Mi sono preso il lusso di contraddirmi – spiega il poeta – e questa è l’altra faccia della mia avventura di scrittore. Da inviato per il Gr Rai, non ho mai dimenticato di elaborare quel che mi passa sotto il naso e di cose ne sono passate molte. Il silenzio è un modo per approfondire quell’aura di interrogativi, di meraviglia intorno all’incontro con la poesia che può nascere da piccole cose, oppure da un’esperienza forte. Sono per la poesia concreta, potrei dire narrativa: il libro si apre con una galleria di personaggi un po’ marginali, forse decentrati rispetto a quel che si aspettavano dalla vita, un po’ soffocati dalle dissociazioni, nell’epoca dei social. Altro tema è quello delle poesie civili, che io preferisco chiamare ’incivili’, tenendo conto dei fatti che inquietano. La poesia è un elemento talmente profuso nella realtà, presente nei segreti di ciascuno di noi: è come un’anima mundi che aiuta a vedere meglio le cose quotidiane, più concrete».

Il docente universitario

«Paradiso», spiega Stefano Dal Bianco, autore dell’opera pubblicata da Garzanti con questo titolo, «è un giardino, secondo l’etimologia, ed è al tempo stesso una condizione mentale: ho avuto la fortuna di vivere durante la pandemia in un piccolo borgo, con i boschi a destra dove si va per funghi e il fiume Merse a sinistra, dove si pescano le trote e si fa il bagno. La natura in quel periodo aveva preso piede in modo potente, il luogo ha incominciato a parlarmi; c’era la disposizione d’animo giusta e ho incominciato a registrare fedelmente ciò che accadeva».

«La poesia è nata oralmente e questo ha creato un effetto particolare. Sono uno studioso del ritmo – spiega il docente di poetica e stilistica all’Università di Siena – e queste competenze arrivano in modo del tutto naturale, liberamente. Le voci sono tre: la mia e quelle della natura e del cane Tito. Più coautore che musa ispiratrice, il cane fa da tramite tra l’umano e la natura».

«Con questo libro – conclude – ho scelto di premere sul pedale della lirica, che non è più di moda, per un ritorno alle cose di base dell’esistenza. Dovremmo sempre mantenere una specie di sguardo per ciò che ci costituisce, spezzo una lancia in favore della nostra interiorità a contatto con la natura». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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