Plan De Fuga, sfacchinata rock per il sogno Usa
La band parte il 2 settembre per un tour di 18 date. L’obiettivo è creare una rete di contatti e conquistare il pubblico
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Non aspettatevi una raffica di belle foto su Instagram. Nessun viaggio di puro piacere saltabeccando fra scorci arati dell’Illinois. Macché. Il «sogno» americano dei Plan De Fuga sarà piuttosto una sfacchinata. Rock. Ma pur sempre una sfacchinata. «Ci aspettano settimane di duro lavoro» sentenzia il frontman Filippo De Paoli. Senza nascondere la soddisfazione per una partenza che ha tutto il sapore di un piccolo grande approdo. Brooklyn, Hamden, Chicago, St. Louis, Nashville, Wichita Falls. E poi Austin, Memphis «and then back to» New York City. Solo a leggere l’itinerario sale un brivido di eccitazione.
Si parte il 2 settembre. Di lunedì. Quando la routine della settimana qui prende il sopravvento, loro si infileranno su un volo diretto per la terra delle opportunità. Carichi di bagagli e aspettative sorvoleranno il grande mare che separa chi aspetta il salto della vita, da chi è già coi piedi per aria, confidando di atterrare sul morbido. Un campo di grano, magari.
«Fosse stato per le mie finanze - scherza Filippo - non saremmo arrivati neanche a Linate». E invece. Come in quelle favole in cui nel momento del bisogno arriva un aiuto insperato, una sequela di mecenati è accorsa a sostegno dei Pdf. «Certo - dice Filippo - la nostra etichetta Carosello Records ci è sempre accanto. Anche a livello economico. Però in aggiunta abbiamo trovato persone appassionate di musica che hanno deciso di darci una mano. Sponsor privati, chiamiamoli così, senza i quali questo viaggio non sarebbe stato davvero possibile».
A monte di cotanta tournée, però, ci sono innanzitutto loro. I Plan De Fuga. Che con la loro musica hanno conquistato la notorietà in un panorama italiano tutt’altro che facile. «Abbiamo lavorato tantissimo - confermano - . Poi, certo, il talento conta: se fai schifo mica si accorgono di te. Ma il mondo è pieno di gente brava, soprattutto negli Usa. Lì a 4 anni imparano a suonare come qui ci inculcano le tabelline. Ci sono centinaia di piccole band incredibilmente brave e miglia di locali. Ti giri e senti musica: è una parte strutturale della cultura».
E allora? Come ci si arriva a suonare su un palco di St. Louis, dopo aver spento l’ampli a Chicago appena qualche ora prima? (Peraltro su un tour bus lungo 10 metri). I Pdf hanno fatto tutto da soli, con l’aiuto fondamentale dell’amico Ray Tarantino, cantautore italiano di stanza in Usa. «Due anni fa siamo andati al South by Southwest. Mica per suonare. Abbiamo ascoltato il concerto dei The R’s e poi abbiamo girato, procurandoci i più svariati contatti. Addirittura ci siamo trovati a collaborare con registi di cinema indipendente per un lavoro che ancora non si sa se uscirà». A forza di birre, chiacchiere e cd depositati nelle mani giuste è arrivata la grande opportunità.
«Non credere - si schermisce Filippo -. Sarà una sfacchinata. I live saranno quasi una passeggiata: per il resto vogliamo creare i presupposti per tornare con un bagaglio più grande. Perciò cercheremo nuovi contatti, fisseremo appuntamenti con alcuni discografici e scriveremo nuovi pezzi. Ma, soprattutto, cercheremo di entrare nel cuore del pubblico americano».
Ilaria Rossi
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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