Cultura

Pink Holy Days contro il sistema indie

Il duo techno bresciano in un'intervista a cuore aperto tra booking, case discografiche e un sistema "che è imploso"
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Da sempre fuori dagli schemi. Talentuosi ed eclettici, e spesso pionieri di sonorità innovative e live di assoluta originalità. Una garanzia di qualità, nel panorama musicale nostrano. Eppure i Pink Holy Days, qualche giorno fa, hanno deciso di dire basta. Hanno esternato la loro indignazione e rovesciato le carte sul tavolo, prima di andarsene sbattendo la porta. Mica in faccia alla musica, sia chiaro. Moretz e Ricky hanno stretto la mano all’agenzia di booking e salutato l’etichetta. Ciao, ciao. E poi si sono defilati con classe. «In Italia c’è un grosso problema - asserisce il Moretz -. Il sistema musicale, che è strettamente legato a quello economico, è corrotto. E negli ultimi due anni è collassato, implodendo. Non ci sono soldi e risorse e la professionalità non è più un valore. Conta solo l’immagine. Per questo abbiamo deciso di fuggire da un meccanismo infernale».
 
Mica solo parole: i PHD hanno spiazzato gli addetti ai lavori mollando booking e label. E senza indugiare un secondo hanno pubblicato il loro terzo album - il quarto se si conta la raccolta di ep -, «Live In The Wood», in free download. «Eravamo bloccati in un meccanismo infernale - spiega Moretz -. Col disco pronto e fermo in attesa di chissà cosa e pochissime date già fissate. Una situazione assurda». Ad infiammare lo sdegno pure l’esclusione dalla kermesse milanese Mi Ami di giugno. «Ci hanno detto che non sono ancora riusciti a capire che musica facciamo. Non ha senso. Ma ormai funziona che sono le etichette degli amici a decidere quali artisti vanno spinti e quali no. La qualità non c’entra. E il pubblico si beve tutto».
 
E se un colpevole esiste, per il Moretz è soprattutto la scena indie: «Nel momento del massimo boom ha adottato gli schemi dell’universo mainstream, però senza le stesse potenzialità economiche e professionalità. Così anche band piccolissime hanno addetti stampa e manager, e nascono ogni giorno micro case discografiche che non stanno in piedi. Da fuori sembra che tutto vada bene, ma se gratti la superficie scopri che tutto si regge sul vuoto e il sistema è autoreferenziale». Meglio tornare a fare da soli. A trattare e scegliere in autonomia, portando avanti un progetto che «può piacere o non piacere, ma sono pochi quelli che fanno ciò che facciamo noi. E ad aver centrato alcuni traguardi».
 
Come la partecipazione al maxi festival olandese Eurosonic e la performance coi Chemical Brothers, i due tour in Germania e la recente candidatura ai Berlin Music Video Awards con il video «Vertigo» diretto da Mozukin. E proprio alla capitale tedesca guardano i futuri progetti di Moretz. Da un lato c’è la collaborazione tutta nuova con lo studio di registrazione della «Mund Production», nel cuore di Berlino Est; dall’altro un nuovo progetto musicale. La faccia techno di Stefano Moretti si chiama Sender e si prepara a scuotere le consolle. Pardon, konsole.
Ilaria Rossi 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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