Cultura

Philippe:«La più bella vacanza? Con mia madre per i suoi 70 anni»

Progetti per le prossime vacanze e ricordi dal passato nell'intervista allo chef stellato Philippe Léveillé
  • Alcuni scatti dello chef stellato in vacanza
    Alcuni scatti dello chef stellato in vacanza
  • Alcuni scatti dello chef stellato in vacanza
    Alcuni scatti dello chef stellato in vacanza
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Di ingredienti per creare una vacanza «stellata» ne usa pochi: tranquillità (leggasi cellulare che non suona), pochi amici e la sacralità dell’aperitivo. Ansia da valigia o attrazioni per posti fashion non gli appartengono: sono relax e famiglia i capisaldi del Philippe Léveillé in versione balneare.

Lo chef stellato del ristorante «Miramonti l’altro», a Concesio, quando non è impegnato a creare capolavori in cucina, ama godersi ogni attimo di libertà, smarcandosi da obblighi, orari e dai fornelli.

Philippe, cosa ti fa venire in mente la parola vacanza? Sicuramente il cellulare staccato. Vacanza vuol dire tranquillità e la possibilità di stare con mia moglie Daniela, recuperando la dimensione della coppia. Facendo lo stesso lavoro i discorsi quotidiani virano quasi sempre sul piano professionale. Per questo c’è bisogno di prendersi un pausa.

Dove andrai in ferie e con chi? Quest’anno tornerò in Bretagna (terra d’origine dello chef, ndr). Viaggeremo con due coppie di amici fidati, senza programmare nulla.

Ha mai scelto un luogo di villeggiatura per provare un ristorante? In passato sì: è capitato in Svizzera, Spagna e in Francia, ma ora cerco di tenere la mente lontano dalla cucina. Se devo scegliere tra un buon ristorante nel luogo in cui mi trovo a soggiornare e uno stellato a cento chilometri di distanza, scelgo il primo.

Cosa ricordi delle estati della tua infanzia? Innanzitutto che erano quattro o cinque settimane di vacanza: a pensarci oggi sembra un sogno. Ricordo la trepidazione della preparazione alla partenza. Quando mancavano tre giorni, sentivo che stava arrivando il momento tanto atteso. Quindi caricavamo tutto sulla nostra Renault 4 e, in cinque, partivamo. Rimanevamo sempre in Bretagna, ma per me era splendido già il fatto di andare da qualche parte. Rivedo ancora mio padre che consulta le mappe stradali...

La prima vacanza da solo? È stata molto breve. Avevo circa 15 anni e avevo detto ai miei genitori che sarei andato a casa di un amico, con il quale invece siamo partiti per il mare. Peccato che la prima sera incontrai due vicini di casa che mi chiesero cosa ci facessi lì e dove fossero i miei.

E cosa successe? Cercai di giocare di anticipo e chiamai io stesso casa, ma la risposta fu categorica. Torna indietro. Così feci e quell’estate la trascorsi a lavorare con mio papà.

E l’estate più bella? Probabilmente quella passata in Normandia per i settant’anni di mia madre. C’era tutta la famiglia e riuscire ad avere vicini parenti che di solito vedo di rado è stato magnifico.

Cosa non può proprio mancare nella valigia di Philippe? Valigia? Non so proprio come si prepari. Mi elettrizza la partenza, ma quanto ai bagagli butto qualcosa alla rinfusa in una borsa e sono pronto. Al massimo quello che manca lo compro sul posto. E non lo dico per fare il brillante: semplicemente non mi interessa avere i pantaloni o la camicia giusta per una certa serata.

C’è un’attività che preferisci in estate? Detesto stare fermo, devo muovermi, curiosare. Poi c’è un rito sacro, l’aperitivo. In genere bevo quelli del posto e, se mi trovo bene in un bar, ci vado per tutta la vacanza. Così come la colazione, da consumare rigorosamente leggendo il giornale. Ma l’aperitivo è il momento che preferisco.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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