Cultura

Pandolfo Nassino, il cronista di storie e gossip della Brescia cinquecentesca

In Queriniana è custodito un volume di 800 pagine che è una sorta di miniera di informazioni sulla storia cittadina del Cinquecento
Un estratto di una pagina di Pandolfo Nassino - Foto © www.giornaledibrescia.it
Un estratto di una pagina di Pandolfo Nassino - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Pandolfo Nassino era figlio di magistrato, ma non ripercorse la carriera paterna. Si applicò con profitto, oltre che agli studi classici, all’ingegneria militare. Tanto che nel 1524 partecipò all’assedio di Garlasco in qualità d’esperto d’artiglieria per il conte Camillo Martinengo. Ma la sua fama non è legata al mestiere delle armi, per dirla alla Olmi. Piuttosto a un voluminoso registro di circa 800 pagine, una sorta di cronaca, in forma diaristica, nella quale annotò fatti e vicende di prima mano o per sentito dire.

Il codice è una miniera di informazioni sulla storia cittadina cinquecentesca. Tenuto sempre nella biblioteca di famiglia, giunse attorno alla metà del Seicento nelle mani del sacerdote Bernardino Faino, che ne compilò un prezioso indice, e nel 1797 passò alla Biblioteca Queriniana, dove tutt’ora giace.

Fonte più volte studiata, ancor più frequentemente interrogata, ha attirato di recente l’interesse degli allievi del corso di Paleografia svolto da Angelo Brumana per i soci dell’Associazione culturale Bernardino Misinta. Il risultato delle lezioni è un brillante e curioso articolo pubblicato sul recente fascicolo n. 57 della rivista «Misinta», dal titolo «Pandolfo Nassino modesto funzionario, ma sagace ed attendibile cronista bresciano». Ne ricaviamo alcune attestazioni di storia cittadina.

Le storie di Nassino

Apprendiamo, nella trascrizione appena approntata, che nel 1527 fu affissa sotto la Loggia una lettera anonima nella quale figuravano i nomi di «persone che veramente meritano essere cassi (cancellati, ndr.) dal Consiglio et privi di onori et benefici di questa città». Chi erano e perché? Basti qualche nome. Andrea e Cosimo Masperoni secondo l’anonimo sono «manigoldi, traditori, franzosi sviscerati e nemici di S. Marco e della patria bresciana»; Giovanni Maria Avogadro (benché vicario a Ghedi) era apertamente accusato di «andare a putane di notte».

In altro passaggio del registro, il Nassino tratta del generale e provveditore veneziano Andrea Gritti, accusandolo apertamente di vigliaccheria, essendosi chiuso in casa durante il saccheggio del 1512: per «il suo malgoverno fu saccheggiata la città per non aver provisto a quello faceva bisogno per la venuta dei nemici che erano francesi».

Chissà da quale fonte trasse la notizia che il vescovo Mattia Ugoni esercitò la giustizia con tremenda severità, tanto che a Parma «in uno giorno fece morire 16 gentiluomini».

Pettegolezzi cinquecenteschi

Non c’è allora da stupirsi di quanto si legge nel capitolo dedicato alle «Casate Bressane». Storie e pettegolezzi (anche molto pungenti) sulle famiglie della nobiltà bresciana, talvolta smascherate nella loro origine plebea (pratica forse di dantesca memoria). Ecco allora gli Averoldi, con un passato da lavatori di lana; i Berti che originariamente erano formaggiari; i Boncaini, come i Feroldi e i Rivi, «chiodaroli e sguroti», ossia lucidatori di padelle; i Bonvicini, dietro l’insegna di noti «speciari» (farmacisti), «taccagni e simulatori (falsi)». Parola di Nassino. Gli allievi delle lezioni si sono limitati all’esercizio di trascrizione delle fonti storiche.

Le rivista

«Misinta», la rivista (Anno XXVIII, numero 57) è stampata per i soci dell’omonima associazione di bibliofili bresciani. Sul sito dell’Associazione (www.misinta.it) «Misinta» è scaricabile in pdf. Fondata nel 1993, l’Associazione "Bernardino Misinta" il prossimo anno festeggerà i suoi trent’anni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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