Oggi si ricorda la morte di Camillo Ugoni
Lo spazio che accoglie le vignette «in punta di matita» firmate da Luca Ghidinelli aggiunge un tocco nostrano e si fa guida alla scoperta (o riscoperta) di figure di oggi e di ieri di figli della Leonessa ai quali in occasione di ricorrenze più o meno note il vignettista bresciano dedica una sua tavola. E attraverso essa - che si guardi alla storia o al mondo dello sport, agli spettacoli o alla politica - i lettori possono con un sorriso rinnovare ricordi e conoscenze tutti squisitamente di marca bresciana.
Il 12 febbraio 1855 a Pontevico moriva all'età di settant'anni Camillo Ugoni. Figlio di una delle più antiche e illustri famiglie del Bresciano, saldamente radicate sul territorio, Ugoni fu un letterato e patriota. Studiò a Brescia e poi nel collegio dei Gesuiti di Parma. Finiti gli studi rientrò in città nel 1806, dove conobbe Ugo Foscolo, con il quale ebbe un'amicizia che durò tutta la vita.
L'ottima conoscenza del latino lo portò a tradurre in italiano i «Commentari» di Giulio Cesare. Inoltre Ugoni andò a Parigi dove conobbe di persona Napoleone e dove gli presentò la sua traduzione. L'Imperatore ne fu colpito e lo volle nominare Barone.
Nel 1821, essendo di idee liberali, partecipò ai moti indipendentisti bresciani con Giovita Scalvini (scrittore, poeta e patriota) e il mantovano Giovanni Arrivabene.
Più che d'azione era uomo di intelletto e Ugoni ebbe il ruolo di tessitore di contatti tra i rivoluzionari bresciani e quelli milanesi. Per il suo ruolo di mediatore entrò nelle mire della polizia e il 24 maggio del 1821 riuscì a fuggire a una retata degli austriaci: attraverso la Val Camonica e la Valtellina raggiunse la Svizzera, dove gli venne comunicato che in Italia era stato condannato a morte per alto tradimento.
Iniziò allora il periodo dell'esilio, dove l'Ugoni peregrinò in Scozia, Galles, Inghilterra, Irlanda, per poi tornare in Svizzera, a Lugano, e trasferirsi prima a Parigi e da lì, dopo alcuni anni, nella tranquillità del Borgo di Saint-Leu-Taverny.
La clemenza arrivò soltanto nel 1838 quando poté tornare a Brescia, dove riprese in mano gli studi dei per la seconda parte della Storia della letteratura italiana del XVIII che lo impegnò per molti anni della sua vita e che venne pubblicata postuma nel 1856 dal fratello Filippo.
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