Nostalgia dei canti della vendemmia
Eccolo qui il promettente settembre che - ancora caldo del sole d’agosto - dolcemente ci traghetta verso l’autunno. E con i suoi turgidi grappoli nei filari dei vigneti, il mese vendemmiatore, mite e gioioso, è pronto a mantenere tutte le sue promesse. E oggi che la vendemmia impiega operai stagionali tutelati - com’è giusto - da norme previdenziali, oggi mi chiedo se si sentono ancora i canti e le risate che hanno connotato per anni le vendemmie che io ben ricordo.
Erano i tempi in cui tutti davano volentieri una mano scambievolmente di buona lena. E mentre uomini, donne e ragazzi si davano da fare nei vigneti, c’era chi sull’aia e nel cortile si apprestava a rifocillare i lavoratori che rientravano ovviamente affamati, con le ceste piene di bei grappoli ammassati alla rinfusa. Nelle famiglie contadine si preparava la polenta sulla quale si adagiavano le uova al burro cotte nella vasta teglia col buon burro salato e profumato. Due uova per ognuno e poi pane e salame, formaggella, acqua freschissima e qualche fiasco di vino e ancora canti e risate.
Me lo ricordo il carro che i i buoi trascinavano carico di ceste piene d’uva ed era festa genuina e gioiosa. Per i bambini - che erano sempre tanti in cascina - era una vittoria salire su quel carro che rientrava trionfante col suo prezioso carico. Tutti erano accaldati e felici e si rinfrescavano alla pompa dell’acqua che c’era in cortile e poi mangiavano di gusto e allegramente. E non mancavani frizzi e allegre allusioni. Quanti anni sono passati ? Sessanta, settanta ? Preistoria quasi, ma com’è bello rivivere quelle semplici, preziose giornate che ancora ricordo con dolcissima nostalgia.
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