Noll: «Così educammo all’uso della tecnologia pure nelle arti visive»
Arte digitale. Oggi pare scontata, facile, accessibile. Superata addirittura, direbbe chi ha provato i generatori di immagini con l’intelligenza artificiale. Ma il computer non sempre è stato oggetto quotidiano, la tecnologia non sempre è stata alla portata di tutti e digitare un semplice messaggio, scattare una fotografia non analogica o collegarsi al mondo in rete pareva fantascienza. Maneggiare la tecnologia non era competenza comune. Men che meno, maneggiarla con intento lirico, artistico e suggestivo. Quando i calcolatori erano retaggio ingegneristico e strumento per pochi, fare arte con la tecnologia, con il digitale, con i pixel e con gli 0 e gli 1 era quanto di più innovativo potesse esserci in termini di creatività...
Basta fare un salto indietro di pochi decenni: è qui che affonda le radici il lavoro di Michael Noll, ingegnere e artista originario del New Jersey che ha scavalcato la schietta ingegneria intrecciandola alla comunicazione, fondando di fatto la digital computer art. La sua testimonianza sarà centrale durante il convegno «Fabbrica estetica» del 10 novembre, organizzato dalla rivista IO01_Umanesimo Tecnologico e promosso dall’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia.
L’avanguardia intrinseca di Noll sta proprio nel periodo in cui ha iniziato a operare, gli anni ’60. La tecnologia e il digitale iniziavano a prendersi sempre più spazio, provocando comprensibile entusiasmo in chi se ne occupava; dall’altro lato, l’arte non aveva ancora percepito il potenziale di questi strumenti. Fu a Michael Noll e a pochi altri che venne l’intuizione: innovazione e creatività non dovevano stare per forza lontane.
«Sono stato anche un critico musicale» spiega lui. «La musica ha un grande potere narrativo, ma anche l’ingegneria può averlo. Pensiamo a Leonardo: le nuove idee tecnologiche e le nuove idee artistiche possono incontrarsi». Lo dimostra anche il design, ambito creativo che è strettamente collegato con quello industriale. Qualche anno fa, racconta Noll, al MoMA di New York c’era una mostra sul design. Tra gli oggetti esposti vi era anche una piccola macchina per scrivere rossa, portatile. «Era bellissima, in termini sia di funzionalità sia di forma».
Oggi è qualcosa di naturale, ma per Noll e la sua generazione questo passaggio non fu immediato. «Durante l’infanzia amavo l’arte e la musica» svela. «Per quanto riguarda l’ingegneria, non sono un matematico, non sono bravo con le equazioni. Ma ho sempre visualizzato tutto molto graficamente. L’ingegneria informatica è sempre stata presentata in maniera molto pratica, ma io iniziai anche a introdurre della grafica e alcune persone cominciavano a produrre dei suoni. La tecnologia si poteva usare per creare rumori, e anche se non era ancora musica stava accadendo qualcosa. Perché lo facevano? Perché era divertente».
Michael Noll non produceva quindi arte in quanto suo lavoro a tempo pieno; idem chi produceva musica digitale. La tecnologia dal punto di vista professionale lui la usava per connettere le persone, lavorando nelle telecomunicazioni; ma la creatività bussava con insistenza ed è questa scintilla che lo portò a realizzare opere che coniugavano grafica, equazioni, calcoli, algoritmi... Era l’estate del 1962, la macchina usata una Ibm. «Non la chiamavo ancora "arte" e io mi riferivo ai disegni come a dei pattern». Inizialmente si trattava di linee caotiche bidimensionali, percorsi geometrici, opere più o meno disordinate... Ma per quanto primitivi, questi lavori di arte digitale andavano secondo Noll annunciati a tutti. «Il mondo dell’arte doveva sapere che c’era questo fermento. Volevamo educare il pubblico all’uso della tecnologia, anche nelle arti visive». Nel 1967 uscì quindi «Computers and the Visual Arts», volume prezioso per tornare alle radici della computer art, nel quale sono racchiusi numerosi esempi delle prime opere realizzate con gli strumenti che Noll aveva a disposizione.
«Insieme a me c’erano però tante persone», tiene a chiarire lui. «Computer art e computer music venivano fatte non solo in New Jersey, ma anche in Germania, in Jugoslavia... Era il momento giusto. Stava accadendo contemporaneamente in tanti luoghi e in maniera indipendente. Quando scoprimmo che ognuno di noi stava lavorando alla digital art, le numerose fiammelle in giro per il mondo formarono un grande fuoco».
Il convegno
«Fabbrica Estetica: Momenti del rapporto arte - industria» si terrà venerdì 10 novembre dalle 9 alle 16 all’Auditorium Santa Giulia in via Piamarta. Al convegno - organizzato da IO01_Umanesimo Tecnologico e promosso dall’Accademia di Belle Arti SantaGiulia per i «Flussi d’arte» - interverranno oltre a Noll (in video) il ricercatore Daniele Balicco; Daniele Cerrato, ex direttore dell’Archivio Storico Telecom; l’esperta di digital performance Anna Maria Monteverdi; il prof. Roberto Ranzi con l’artista del suono Sergio Maggioni; Marcella Mandanici del Conservatorio Marenzio; e l’ing. Alberto Benini, fondatore di Ab Horizon. L’evento è gratuito iscrivendosi su Eventbrite.
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