Cultura

Niccolò Fabi: «Nel momento più intimo della mia carriera»

Sabato il live al Vittoriale. Gazzè e Silvestri lo hanno aiutato a mettere a fuoco la sua identità artistica, racconta nell'intervista al GdB
Niccolò Fabi
Niccolò Fabi
AA

Tra i cantautori italiani è quello che, negli ultimi anni, ha visto crescere più di ogni altro le sue quotazioni. Ed è cosa buona e giusta, perché il 49enne romano Niccolò Fabi - che sabato 22 luglio approda al Vittoriale di Gardone Riviera per «Tener-a-mente» col tour «Diventi Inventi 1997/2017» (biglietti da 25 u euro più diritti; info su www.anfiteatrodelvittoriale.it) - ha sempre avuto dalla sua qualità eccellente (testi spirituali e ben scritti; sonorità di livello internazionale) poco riscontrata in principio dal pubblico, mentre la critica risultava ininfluente nel promuoverlo.

La svolta nel 2012 con «Ecco», disco che crebbe fino a conquistare la Targa Tenco quale miglior album in assoluto, riconoscimento bissato nel 2016 da «Una Somma di Piccole Cose», lavoro di grande profondità ed eleganza che ha ottenuto anche il premio Rockol nella categoria nazionale.

In mezzo a due lp c’è stato il bagno popolare con l’abbinata tour-disco «Il padrone della festa» insieme ai sodali Max Gazzè e Daniele Silvestri, lungo le strade d’Europa, nel 2014 e 2015. Abbiamo intervistato Niccolò Fabi in una (rara) pausa della tournée che sta registrando sold out a ripetizione.

«Diventi Inventi 1997/2017» condensa un discorso artistico ventennale, e solo ad ottobre diventerà un album di studio. Non è atipico?
È strano, lo so; ma tutto il mio percorso lo è. D’altronde ho trovato gratificazioni, picchi di stima e riconoscimenti nel momento in cui mediaticamente ero quasi scomparso; e questo la dice lunga sulla mia linearità. Il tour unisce «Una Somma di Piccole Cose» ad altre mie canzoni che considero importanti: vuol essere un giro di saluti prima di voltare pagina. Non dover promuovere un disco mi lascia maggiore libertà.

Con Gazzè e Silvestri prima del tour c’era già amicizia?
C’era un’appartenenza; il tempo passato insieme ha creato un’amicizia. Prima eravamo legati da un’affettuosa vicinanza, avevamo una parte di storia in comune, che dagli altri veniva probabilmente percepita come un valore originario di conoscenza artistica; ma la nostra frequentazione precede quel po’ di successo che abbiamo poi avuto. Due anni a stretto contatto hanno cementato il rapporto.

È curioso che dopo quell’esperienza abbiate inciso dischi diversissimi ...
Forse è l’ulteriore dimostrazione di come il pezzo di strada fatto insieme sia stato importante. Conferma che mescolarsi e confrontarsi fa bene, perché quando torni al tuo mondo personale, comprendi con più forza l’identità di partenza. Nel progetto comune ci eravamo specializzati: io a coprire il lato intimo, a dare intensità; Max a garantire coinvolgimento, allegria e spinta pop; Daniele a fornire equilibrio, a narrare, ad essere la voce fuori campo. Quando, arricchiti professionalmente e umanamente, siamo tornati ciascuno al suo, abbiamo spinto l’acceleratore sulle nostre cifre peculiari. Per me, è arrivato il disco più intimo della carriera.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato