Cultura

Negrita: disco al contrario parte piano, finisce forte

Quando i Negrita mettono la camicia colorata del Sudamerica, in questo nono album da studio della band, si comincia a respirare aria buona
AA

«Il gioco» è un singolo malandrino, ma deboluccio. Poi si passa su registri blues-rock in «Poser», con i Negrita che aprono la carta d’identita sotto gli occhi delle nuove generazioni.

Quelle dei like e dei selfie, cui gli aretini si contrappongono srotolando una storia (un po’ trita e ritrita) iniziata tra sala-prove e live nei localacci. «Mondo politico» ha le fattezze della classica bella idea sviluppata così-così, e se l’uomo «ha sempre sete e sempre sete avrà», anche in questo brano si cerca invano una soluzione corroborante.

Ma quando i Negrita mettono addosso la camicia colorata del Sudamerica, in questo «9», nono album da studio della band, si comincia a respirare aria buona. E «Que serà, serà», che sul finale regala anche uno «special» sonico, raccoglie con dignità il testimone della bellissima «Rotolando verso sud».

Da ascoltare anche «Se sei l’amore», un pezzo in alcuni passaggi smaccatamente beatlesiano (tanto da sembrare... oasisiano), con il marchio di fabbrica della voce di Pau al solito rotondissima, levigata, traboccante di testosterone.

La memoria di quanto fatto, della strada percorsa, dei tempi (anche storici) attraversati affiorano in «1989», il cui incipit sembra quasi un tributo a un’altra band toscana, i Diaframma. Il tutto, però, si risolve in un pezzo che si appiattisce in un pop abbastanza convenzionale che ospita una lunga serie di «oh-oh-oh».

«Ritmo Umano» corre sull’appennino tosco-emiliano tra i Litfiba più sereni e un vago sapore di Modena City Ramblers, ma dopo l’intermezzo di Ted Neeley si apre una notevolissima coda psych.

Il tappeto rosso va srotolato per «Il nostro tempo è adesso», up-tempo che ingrana marce e che non mancherà di essere uno dei brani favoriti durante la torunée live. È un bel momento del disco: l’ologramma di Federico Fiumani riappare totemico e sgusciante in «Baby I’m In Love».

Ed è un piacere vederlo. Alt: è davvero un bel momento del disco. «Niente è per caso» porta a Londra tra Brick Lane, il Tamigi e un cuore trafitto d’amore che rende le labbra sempre più blu. E che dire della spietata, divertita e divertente «L’eutanasia del fine settimana»? Se Robert Smith non se la prende... per la citazione dell’arrangiamento di «Close To Me» non c’è problema, perché signori: questo è un pezzo a fuochissimo. E il finale è in scioltezza con gli assoli di «Vola via con me» e il featuring con Shel Sahapiro.

Allora, aspetta un attimo. Viene solo da chiedersi perché i Negrita abbiano fatto un disco al contrario. Singoli (almeno fin qui) un po’ anonimi e altri brani molto ispirati. La tensione e la qualità vera arrivano dalla metà in poi. Nei testi, invece, le soluzioni sono sempre più coinvolgenti. Dai «cannibali travestiti da vegani» all’«Himalaya nei polmoni», passando per «uno scorpione sul divano» che «non è un granché» ed «il terzo aperitivo» che «sembra una tisana», fino al mantra desertico dell’ultimo brano, «Non è colpa tua», cui partecipa Shel Shapiro.

Daniele Ardenghi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia