Un Wolfframm del 1891: ecco il pianoforte donato da Colao agli studenti

«Un uomo giunge con gioia a scoprire di essere in debito», scrive Chesterton nel suo libro su San Francesco d’Assisi. È un intreccio di consegne, accoglimenti, condivisioni e regali il concerto ascoltato domenica pomeriggio a Desenzano alla Scuola di musica del Garda, con i pianisti Alberto Cavoli e Riccardo Barba (e la partecipazione di una giovanissima allieva, Rebecca Curcio), musiche di Mozart e Beethoven eseguite su due pianoforti storici, un Bösenderfer del 1898 e un Wolfframm del 1891, il secondo dei quali appartenuto ai fratelli Paolo e Vittorio Colao, quest’ultimo ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale nel governo Draghi nel 2021.

Una lunga storia
«Il pianoforte è entrato in famiglia fin dal tardo Ottocento – spiega Vittorio Colao –, passando dalla bisnonna Camilla Branca (la famiglia delle celebri distillerie) alle sue figlie. In occasione del matrimonio di una figlia (mia nonna) con il conte Pellizzari di San Girolamo (a Centenaro di Lonato), lo strumento l’ha seguita, per la ricreazione musicale delle sue ragazze. Una di loro (mia mamma) l’ha ereditato come regalo di nozze e collocato nella sua casa di Desenzano. Lì l’ha suonato mio fratello Paolo fino ai 16 anni, unico maschio in una storia tutta al femminile».
E lo strumento com’è arrivato qui oggi? «È stata una decisione sofferta ma giusta. Ci spiaceva relegarlo a puro oggetto di arredamento, destinato ad appoggiarci sopra i bicchieri, dal momento che nessuno lo avrebbe più suonato. È un manufatto che vive di suoni ed emozioni. Ma poiché la vita è fatta di serendipity (colpi di fortuna, casi imprevedibili e incidenti fatali), mi sono imbattuto nell’amico Alessandro Curcio, maresciallo capo e comandante dei carabinieri di Desenzano, la cui figlia frequentava la Scuola di musica del Garda. Il passo è stato breve: il pianoforte sarebbe tornato a svolgere la funzione per la quale è nato. Oggi rinasce».

Musica e innovazione
Anche lei suona? «Amo molto la musica, ma sono una frana totale. Completamente stonato. Ai confini dell’amusia. Avrei avuto le mani giuste per suonare (prendo con facilità una decima), ma non ho talenti. Mi diletto di bicicletta, ma non fatemi cantare. Io sono il "barbaro" della famiglia Colao». Come si rapporta un pianoforte con la modernità, l’informatica, l’innovazione digitale? «Conta solo chi c’è dietro: un uomo. Puoi creare davanti a un computer o con matita e pentagramma, è uguale. Uno strumento è meraviglioso anche da vedere o toccare. Mai obsoleto. Ma la ragion d’essere è sempre l’umano».
Vecchi di zecca
«Il Wolfframm, nome che deriva dalla casa costruttrice di Dresda, ha doppi ponticelli negli acuti e una tavola armonica raddoppiata per ottenere un suono più ricco e luminoso – spiega Cavoli –; il leggio ha sporgenze e incavi per posizionare i candelieri. Il Bösenderfer è un modello a corde "incravattate", ossia ognuna autonoma e fissata singolarmente al proprio chiodo; molto sonori i bassi, come nella migliore tradizione della fabbrica austriaca. Il suono del Wollframm è più morbido e cambiabile, quello del Bösenderfer più brillante e potente. Entrambi, a due pedali, sono accordati a 439 Hz, con tasti leggeri».
Nelle mani di Cavoli e Barba, quei due pianoforti vecchi di zecca ridevano, danzavano, cantavano ebbri di letizia: nel soffio e nel cristallo della mozartiana Sonata K 448; nell’impeto rivoluzionario della Sinfonia n. 5 di Beethoven (trascritta da Hugo Ulrich). Come in una battaglia che va persa per vincere. In una profondità che giunge sulle ali dell’esultanza: non scendendo, ma salendo.
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