Sanremo 2024, un viaggio tra «I bimbi dei La Sad»
Il loro messaggio è anche il nostro: «Pace, fraternità, uguaglianza». Parola dei fan della prima ora. L’ineluttabile discrepanza tra apparenza e contenuto caratterizza ogni aspetto della vita, così come quella - a volte ampia, altre sottilissima - tra espresso e percepito. La partecipazione a Sanremo dei La Sad, trio di cui fa parte il bresciano Theø Botticini, ha fatto alzare qualche sopracciglio. Pure nell’era di un Festival che ha saputo - nel bene o nel male - smarcarsi dalla tradizionalità della narrazione e dei contenuti, che da sempre lo ha caratterizzato.
Poco dopo l’annuncio della partecipazione della band, Codacons e Associazione Utenti dei servizi Radiotelevisivi avevano ad esempio chiesto l’esclusione del trio dalla rassegna, «visti i testi decisamente inappropriati, in un momento in cui tutte le energie dovrebbero essere unite nella battaglia contro la violenza di genere».
Nel corso della prima serata dell’altro ieri, il messaggio della band, in supporto al servizio alla prevenzione ai suicidi Telefono Amico. Che ha contribuito a dare un po’ di ordine a tutta la questione.
Chi sono «I bimbi dei La Sad»
Nel rispetto delle opinioni di tutti, e posto che ogni individuo è diverso, fare un giro tra «I bimbi dei La Sad» - così si chiama la community di circa 250 persone, dai 12 ai 50 anni, da tutta Italia, che si confrontano quotidianamente e si coordinano attraverso una chat Whatsapp - è stato più che interessante. A partire dalle norme che regolano la chat stessa: avere rispetto per tutti; le battute su argomenti delicati sono vietate; no materiale esplicito.
Si fa portavoce di questo gruppo Denis Bertolina, in arte Dreik, ventiduenne dalla Valfurva, molto attivo su YouTube e Instagram. Vive a Milano, studia audio engineering e music production. Ha i capelli tinti di rosso, un leggero trucco dello stesso colore sotto agli occhi e le unghie smaltate. Indossa una pelliccia. Parla con voce dolce. «Non abbiamo alcun codice circa il look - racconta -. Per me è attitudine, mi piace così. Siamo contro le regole ferree. Ma tra di noi ciascuno è in un certo senso invisibile, perché può essere come è, e nessuno lo giudicherà mai».
Subcultura «emo»?
C’è qualcosa che non torna? Dov’è il vortice di tristezza e depressione al quale si abbandona chi appartiene alla subcultura «emo»? «La Sad - racconta Dreik - ha saputo intercettare le persone che vivevano ogni giorno le fragilità raccontate nei testi delle loro canzoni. Chi segue il trio dall’inizio, generalmente, è stato protagonista di una crescita parallela a quella della band, fino a raggiungere uno stato di pace e accettazione».
Sotteso a tutto ciò c’è un insegnamento. Theø, Fiks e Plant «hanno iniziato con 10 euro in tasca, adesso sono a Sanremo. Sono uno stimolo per tutti noi. Se ci si applica con dedizione, nulla è impossibile». Le critiche piovute sui testi delle canzoni? «Ci hanno un po’ deluso - prosegue Denis -. Le abbiamo trovate incoerenti. Alcune parti di testo sono state decontestualizzate e poi utilizzate solo per fare scalpore».
I fan dei La Sad, certamente, sono accomunati «da un senso di ribellione. Ribellione contro gli stereotipi». Il sentimento, tuttavia, non porta all’emarginazione. «Tra di noi ci sono studenti, come me. Ma pure commercialisti, o imprenditori sui social. Persone fragili? Come no. Nella chat la condivisione di stati di tristezza e dolore è all’ordine del giorno. Chi scrive, però, sa di trovare subito empatia».
Da vicino
Da vicino, e fuori dai contesti ufficiali, come sono i tre della Sad? «Molto legati ai fan - racconta Bertolina -. Mi hanno notato su YouTube, e la prima volta che li ho incontrati di persona mi hanno riconosciuto. "Ciao Dreik". Sono stati loro a salutarmi per primi».
Essere fan dei La Sad nella vita di tutti i giorni non è sempre una passeggiata. «Ci eravamo trovati per fare le comparse nel video di "Summersad 4". Eravamo una settantina. Le riprese erano a Gratosoglio, nella periferia sud di Milano. Un gruppo di maranza (che tradurremmo liberamente con la parola "tamarri", ndr), da dentro i palazzi, ci ha fatto piovere in testa bottiglie di birra vuote».
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