I Negrita fanno cantare i 2mila del Teatro Clerici

Chitarre ruggenti, volumi elevati e percussioni battenti, attitudine punk, liriche poco allineate che illustrano il desiderio di un altrove, di un domani diverso dall’oggi. È la fotografia del live dei Negrita, sul palco del Teatro Clerici, accolti da circa 2.000 spettatori, la maggior parte dei quali in piedi e saltellanti in platea, gli altri seduti in galleria: un rock che tradisce la matrice blues, forse meno rollingstoniana rispetto agli esordi, ma capace di aprire al funky (come d’altronde hanno fatto Jagger & co. in certe fasi), al reggae, ai suoni latini e afro.

Lo spettacolo

L’avvio dei motori, quasi una dichiarazione di intenti, è affidato all’inno di recente conio «Nel blu (Lettera ai padroni della Terra)», che – ispirandosi alla seminale «Masters of War» di Bob Dylan – vuole farsi «portavoce, in quest’epoca di disinformazione e manipolazione globale, di un’umanità smarrita, di antieroi che, con l’ultima scintilla di consapevolezza, scrivono» a chi regge il gioco.

A metà dello spettacolo, l’omaggio al Menestrello del Minnesota si rivelerà ancora più esplicito, con la ballad «Song to Dylan», pure contenuta in «Canzoni per anni spietati», il concept che ha segnato il ritorno in studio della band aretina; un album che contiene anche altre tracce eseguite per l’occasione: «Ama o lascia stare», «Non esistono innocenti, amico mio» e il singolo «Noi siamo gli altri», che canta l’inclusione, la solidarietà, la voglia di farcela «insieme, e non contro».

Ovazione

Prima ovazione associata a una ballata ben più risalente, «Ho imparato a sognare» (dall’ellepì «XXX», del 1997), ma poi si torna sulle barricate con materiale più arrembante tipo «Che rumore fa la felicità?», la patchanka di «Radio Conga», «Il libro in una mano, la bomba nell’altra» (eseguita con un curioso passaggio vintage, in puro stile Rockets), «Il giorno delle verità».

Ancora sonorità sudamericane con «Rotolando verso Sud», ma i Negrita attingono da un po’ tutti i lavori pubblicati in oltre 30 anni di attività, per cui arrivano pure l’autoreferenziale «Hey! Negrita», gli evergreen «Cambio» e «Mama Maè». Finalone con «A modo mio» e «Gioia infinita», per far saltare, sudare e cantare tutti i presenti.