Musica

L’Orchestra del mare interpella le coscienze

Enrico Raggi
I musicisti hanno usato strumenti realizzati nella liuteria del carcere di Opera, con il legno delle barche con cui i migranti hanno attraversato il Mediterraneo. Successo in un Grande gremito
Al Grande l'Orchestra del Mare
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La vera arte non istruisce, interroga. Si scendono i gradini del Teatro Grande con il cuore stipato di domande, al termine del concerto di ieri sera, con l’attrice Elena Vanni e l’Orchestra del Mare, i cui musicisti suonano strumenti realizzati da detenuti con il legno delle barche dei migranti che hanno attraversato il Mediterraneo.

Qualcosa di quei viaggi disperati - il buio, i pianti, il frangersi delle onde, il rumore dei motori; le urla, il dibattersi dei corpi nell’acqua, il naufragio - era racchiuso in quegli archi a strisce rosa-azzurre che risuonavano sul palco, in quelle casse armoniche non fatte d’abete trentino, ma intagliate nel duro legno da imbarcazione: strumenti che cantano e gridano, che interpellano le coscienze e chiedono risposte.

«Nel mio suono c’è posto per tutto il mondo», sussurra il violino di Yuki Serino mentre filigrana il tintinnabulum di Arvo Pärt. La Sinfonia n. 10 di Mendelssohn è un prodigio di luce e razionalità. Il Concertino op. 43 di Weinberg (Giovanni Gnocchi, violoncello solista magnifico, fondo e «slavo»), è il lancinante «perché?» di un perseguitato. Nel Fandango di Boccherini la poetica e virtuosa chitarra di Carlotta Dalia rievoca il crepuscolo di Madrid, striato di amori e di ricordi e ce lo restituisce stillante di grazia. Hide di Giovanni Sollima è un giocoso pastiche: come andare a casa del nonno: vecchie barzellette, giochetti di carte, discorsi risaputi. È la prima volta che suonano tutti (e solo) «strumenti del mare»; il direttore Aram Khacheh fa musica con magnanimità: «Prendi parte alla mia gioia».

Ogni tentativo di controllare la vita è vano, c’è sempre l’imprevisto in agguato. Ma è la sola salvezza. Un falegname di nome Giuseppe aveva conservato due splendide assi per ricavarvi una culla, ma poiché il censimento a Betlemme lo aveva costretto ad abbandonare la sua bottega, queste tavole furono vendute e cominciarono a circolare fino a essere recuperate da soldati romani: le useranno per appendere un bestemmiatore che si spacciava per il re dei Giudei. Storia che ricorda gli strumenti del mare. Teatro gremito, vivo successo, tre bis: la nostalgia di Piazzolla, il baluginante «Cantus» pärtiano, una magica Ciaccona.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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